Quando si vuole migliorare le condizioni di utilizzo della propria cucina, una delle cose più intelligenti da fare è pensare ad un’organizzazione ottimale della zona intorno al lavello. Stiamo parlando di un elemento essenziale dell’arredo da cucina che è rimasto più o meno invariato per diversi decenni e che è però al giorno d’oggi possibile scegliere tra un ampio assortimento, sia per la parte superiore (quella del lavello vero e proprio, per intendersi) sia per quella inferiore, detta “sotto-lavello”.
Partendo dal concetto incontrovertibile che prima di ogni acquisto bisogna valutare bene le proprie necessità per fare in modo che la scelta si dimostri valida nel tempo, cominciamo ad analizzare dunque questo “punto funzionale” così importante per la nostra cucina, esaminando proprio il “lavello” stesso, cioè precisamente dall’oggetto predisposto in questo luogo al lavaggio delle stoviglie e degli alimenti.
Generalmente un lavello è composto da uno o due avvallamenti, dotati di scarico, detti “pozzetti” o più comunemente “vasche”, i quali sono solitamente abbinati ad un rubinetto ed ad un piano di appoggio detto “Gocciolatoio”. La larghezza di una vasca rettangolare da cucina è di circa 40 cm, mentre la profondità ottimale varia dai 17 ai 19 cm. La vasca di un lavello è il suo componente fondamentale, dal quale non è possibile prescindere essendo l’unico luogo funzionale ove è possibile lavare oggetti ed alimenti evitando di bagnare il resto della stanza e degli arredi. Sopra alla vasca è infatti posizionato sempre il rubinetto, ciò determina che le sue dimensioni siano obbligatoriamente tali da permettere il contenimento degli oggetti e dell’acqua che è necessaria per il lavaggio.
Per quanto riguarda l’altezza da terra, nei modelli da incasso corrisponde più o meno a quella dei piani di lavoro (80-90 cm), ma ci sono casi in cui il lavello viene in qualche modo rialzato di 10 o anche 15 cm, in modo da facilitarne l’uso, specie per le persone più alte. In ogni caso infatti, la posizione del lavello dovrebbe permettere a chi lavora di raggiungere il fondo del pozzetto chinandosi il meno possibile in modo da non sforzare troppo la schiena.
Come abbiamo visto più volte il design dei lavelli da cucina si è andato via via evolvendo, con l’evolversi degli arredi componibili nati per arredare questa stanza così importante della nostra casa.
Inizialmente infatti i lavelli esistevano soltanto nella versione “ad appoggio”, essi cioè venivano collocati sopra il mobile del sotto-lavello, come fossero una sorta di coperchio. In questo caso la cucina componibile non veniva infatti concepita con la connotazione attuale di “mobile unico”, tenuto insieme da un elemento comune chiamato Top o piano di lavoro; essa era pensata piuttosto come la somma di componenti separati, dotati dotati ognuno di un suo piano e rifiniti dai lati, che una volta accostati gli uni agli altri davano alla cucina componibile la forma e la misura che si desiderava dargli. Il fatto però che questi elementi separati, specie nella zona del lavello, creassero delle problematiche di infiltrazione a causa dell’acqua che poteva in qualche modo penetrare fra mobile e mobile danneggiandone la struttura, ha fatto sì che si ricercassero soluzioni capaci di evitare questo inconveniente. E’ stato a quel punto che si è cominciato a pensare all’utilizzo di “piani di lavoro unici” (i cosiddetti “Top”, appunto) -quasi privi di giunture- in cui gli accessori come il piano di cottura ed il lavello potessero venir “incassati” (da cui la dicitura “lavello da incasso”) senza interrompere la continuità della loro superficie di lavoro. In questo caso infatti il Top non viene tagliato per permettere l’inserimento degli accessori, ma viene bensì opportunamente “forato” in modo da potervi applicare saldamente il lavello ed il piano di cottura.
Ciò permette ovviamente di ridurre davvero al minimo l’incidenza delle infiltrazioni e consente di ottenere un effetto estetico eccellente. Il passaggio successivo è stato quello di dare a questo tipo di inserimento una sembianza che risultasse sempre migliore e a questo scopo è nata l’idea di incassare i lavelli “a filo top” e “sotto-piano”. Sono tipologie di inserimento che sono possibili sono su alcuni materiali come il marmo, il quarzo, l’HPL ed il granito, cioè i tutti quei modelli di piano in cui il foro di incasso non può diventare veicolo di infiltrazione come può invece avvenire nel normale “Laminato”. Nel primo caso si tratta di lavelli caratterizzati da un bordo superiore talmente sottile da poter essere incassati nei top in maniera da non sporgere dalla loro superficie. Per ottenere questo effetto il top, dopo essere stato forato, viene profilato in maniera da ottenere un alloggiamento perimetrale di qualche millimetro in cui possa trovar posto il sottilissimo bordo del lavello, il quale, per ovvi motivi, può essere realizzato in questo specifico caso solo in un materiale come l’acciaio inox. Nel secondo caso invece il foro da incasso, praticato nel piano in maniera tradizionale a seconda delle dimensioni del lavello da alloggiare, viene levigato e rifinito in maniera da poterlo rendere bello esteticamente ed impermeabile; dopo di che sotto di esso viene avvitato ed incollato il vero e proprio lavello che a quel punto non sarà più visibile sulla superficie del top, bensì solo all’interno del suo foro di incasso. Questa metodologia di inserimento permette l’utilizzo di lavelli realizzati in numerosi materie e forme diverse, su cui andremo da qui in avanti ad approfondire.
Lo faremo iniziando a esaminare le tipologie di lavello che possono trovarsi in commercio, suddividendole per prima cosa a seconda dei materiali con cui sono realizzati e successivamente a seconda della loro forma.
Ci sembra assolutamente opportuno partire in questa rassegna da quello che è di gran lunga il materiale più utilizzato per la produzione di lavelli da cucina, ovvero l’acciaio inox. Il suo utilizzo massiccio per questo scopo è relativamente recente e risale più o meno agli inizi degli anni settanta. Prima di allora, i lavelli per le cucine cosiddette “componibili”, erano quasi sempre realizzati in ceramica e prima ancora dell’avvento dei “componibili”, erano per lo più fatti in “graniglia”, marmo, pietra o granito. Tutti materiali a cui accenneremo comunque successivamente.
Il motivo della diffusione massiccia del lavello in acciaio è sicuramente derivato dalla sua grandissima resistenza e dalla sua funzionalità. Un lavello Inox (dal francese Inoxidable, ovvero, inossidabile) infatti (a differenza di quello ad esempio in ceramica), non si rompe quando viene urtato e anche se si può certamente ammaccare o graffiare, qualsiasi tipo di danno esso possa subire non ne pregiudica praticamente mai l’uso e l’igiene. Tutto ciò deve essere apparso di grande utilità alle massaie dei primi anni ’70, principalmente perché un lavello da cucina, per essere considerato “buono” deve essere senza dubbio molto resistente, ma deve anche possedere quelle doti di facile pulizia e di ineccepibile igiene capaci di renderlo un prodotto adatto ad essere utilizzato per il lavaggio di contenitori per cibi.
L’acciaio inox è infatti universalmente considerato fra i materiali più salubri in assoluto, per la facilità di pulizia che consente e per la estrema semplicità con cui è possibile renderlo asettico senza correre il rischio di danneggiarlo. Tant’è vero che esso è il materiale “per eccellenza” con cui si realizzano le cucine “professionali” di ristoranti e bar, grazie appunto alla sua impareggiabile resistenza alla ossidazione e alla corrosione, anche in caso di utilizzo di sostanze molto aggressive quali possono appunto essere i disinfettanti. Questa sua capacità è dovuta principalmente alla presenza del Cromo nella lega di cui è composto; quest’ultimo permette infatti all’acciaio inox di ricoprirsi di uno strato sottile e aderente di ossido, praticamente invisibile, che riesce a proteggere superficialmente il metallo sottostante dall’azione dell’ossigeno e delle altre sostanze capaci di danneggiarlo ossidandolo. Tutto ciò rende questo materiale incredibilmente bello e gradevole alla vista, ma è anche il motivo del suo unico reale svantaggio: quello della difficoltà che si trova a mantenerlo brillante e lucente. Tutti lo sanno: un lavello in acciaio, dopo il suo uso, necessita infatti di essere asciugato con un panno perché non vi appaiano sopra quei leggeri aloni provocati dal calcare e dai detersivi, così odiati da chi vuole che la propria cucina sia perfettamente pulita.
Questo in realtà non può essere considerato un difetto poiché è soltanto la conseguenza della patina che si produce sul materiale e che funge su di esso da protezione, ma è comunque un fattore che deve essere tenuto in considerazione durante la scelta. A differenza di ciò che avviene infatti per altri oggetti prodotti in acciaio inox nelle cucine componibili -come cappe, frigoriferi e forni- la superficie di un lavello non può essere trattata in modo da ridurne le impronte che vi possono rimanere impresse , in quanto nessun tipo di trattamento “anti-impronta” sarebbe compatibile con lo sfregamento che si produce di continuo sulla superficie di un lavello durante i normali lavaggi. Allo scopo di ridurre comunque i piccoli danni che possono derivare dal suo uso quotidiano, è stato inventato un tipo di processo capace di rendere la superficie del lavello inox leggermente zigrinata, in modo da resistere maggiormente ai piccoli graffi. Questo tipo di lavorazione viene comunemente detta “finitura Dekor”.
Grazie alla sua diffusione, il lavello inox è quello di cui, sicuramente, è possibile trovare più versioni. Da una a tre vasche, con o senza sgocciolatoio, provvisto di tagliere o meno, in numerosissime misure disponibili: esso è sicuramente il tipo di lavello che permette la maggiore scelta, anche per quanto riguarda la sua possibilità di inserimento. Il suo sottile spessore infatti permette di posizionarlo sia nella normale posizione “ad incasso” (quella cioè in cui il suo bordo copre completamente il foro del piano di lavoro), sia in quelle da “sotto-incasso”, nonché a “filo top”, che più avanti vedremo.
Negli anni ottanta, dopo la grandissima diffusione dell’acciaio inox, divenuto in poco tempo l’unico materiale con cui in pratica venivano realizzati i lavelli dopo gli anni 60, si vide l’affermarsi sul mercato di una nuova tipologia di materiale di natura “sintetica” derivato dalla miscelazione di alcuni tipi di plastiche con materiali inerti. Si tratta di quelli che oggi vengono chiamati lavelli in Fragranite, Asterite, Metalquartz, Silgranit, Metaltek, Granitek ecc. ecc. a seconda della azienda produttrice e della miscelazione con cui vengono formati. La loro realizzazione avviene infatti con dei procedimenti industriali tramite i quali si “formano”, in degli appositi stampi, le più svariate forme di lavello, utilizzando a tale scopo una miscela fra materia plastica e, appunto, del materiale “inerte”, quale può essere polvere di marmo e granito (da cui derivano i vari nomi commerciali Fragranite, Telmagranit ecc.) oppure ceramica o polvere metallica. Indipendentemente dal prodotto specifico, l’aggiunta di questi materiali “inerti” serve essenzialmente a rafforzare il materiale in modo da rendere il manufatto solido ed indeformabile e aumentare la sua resistenza all’uso.
A parte però l’indiscutibile tenacia, dal punto di vista pratico il grande successo della Resina Sintetica in questo specifico campo è dovuto soprattutto alla facilità di manutenzione che questo tipo di materia consente. A differenza dell’acciaio infatti, la pulizia della resina non causa aloni e ciò consente di asciugare e detergere il lavello più velocemente e con minor fatica. Tutto ciò rende sopportabile anche la minore resistenza al calore che questo tipo di lavello possiede a confronto con tutti gli altri materiali presenti sul mercato. Un lavello in Resina è infatti per sua stessa natura più suscettibile agli effetti del calore, il quale in taluni casi, quando è superiore ai cento gradi di una normale acqua bollente, è capace alla lunga di far sbiadire i lavelli in resina nei colori più scuri e di far ingiallire quelli più chiari. Un’altro fattore aggressivo per questi tipi di lavelli sono alcuni agenti chimici come i solventi o le sostanze più aggressive come la candeggina o gli acidi forti. Quando si utilizza questi prodotti è dunque opportuno non farlo dentro ad un lavello in resina, onde evitare cambi di colore o aloni.
A parte questi piccoli inconvenienti, fra i tanti fattori che invece hanno determinato il recente successo di questi lavelli vi è senza dubbio il loro aspetto estetico. La superficie di questi materiali si presenta infatti molto piacevole al tatto e alla vista e la facilità con cui avviene la loro miscelazione permette di realizzare i relativi lavelli con tutti i colori più di tendenza, in modo da abbinarli perfettamente agli arredi moderni. A causa di questa loro grande versatilità, all’inizio della loro diffusione questi lavelli presentavano il problema del loro possibile abbinamento con il colore del piano di cottura, tant’è vero che le aziende produttrici di elettrodomestici (spesso le stesse che producono anche i lavelli) si sono ben presto preoccupate di realizzare dei modelli di piani di cottura smaltati in modo da avere dei colori capaci di abbinarsi a quelli dei lavelli in resina. Oggi giorno questa esigenza è diminuita grazie all’ampia diffusione dei piani di cottura in vetro ed a quelli ad induzione i quali, essendo realizzati in un materiale (il vetro, appunto) che non necessita di essere coordinato al resto, permettono l’inserimento nelle stesse cucine di lavelli dedicati più simili alla superficie dei piani di lavoro in cui essi vengono inseriti, piuttosto che al piano di cottura. A questo scopo, sono molte infatti le aziende produttrici di lavelli in Composito ad essersi preoccupate di produrre dei lavelli realizzati con gli stessi identici colori dei piani di lavoro dei materiali più in voga come il quarzo e il Gres Porcellanato.
I primissimi lavelli che furono adottati per essere alloggiati nelle cucine componibili di “nuova generazione”, a cavallo fra gli anni ’50 e ’60, furono realizzati quasi esclusivamente in Ceramica. Essi venivano, non a caso, prodotti da quelle stesse aziende che si occupavano fin dal secolo precedente della realizzazione dei cosiddetti “sanitari” da bagno (cioè vaso, bidet e lavabo), le quali fecero in fretta a realizzare degli stampi che si adattassero alle misure dettate dai produttori di cucine. Si trattava principalmente di lavelli dotati di due vasche e di un piccolo piano rigato, detto “gocciolatoio” che serviva a rendere più facile la vita delle massaie mentre erano intente al lavaggio delle stoviglie. La loro forma era originariamente abbastanza diversa da quella con cui sono realizzati i lavelli attuali e riprendeva in buona sostanza quella con cui erano fatti i lavelli più antichi, in marmo o pietra, i quali si presentavano come un unico blocco levigato di forma rettangolare entro cui venivano ricavate le vasche (una o due a seconda dei casi), anche dette per questo motivo “buche”.
Le loro sembianze erano simili in tutto il mondo occidentale e si diffusero infatti in egual misura sia negli Stati Uniti che in Europa, luoghi dove sono rimasti in uso fino al giorno d’oggi pur essendo stati in buona parte sostituiti dall’acciaio e dai materiali sintetici. Chi sceglie oggi il lavello in ceramica lo fa infatti essenzialmente per la sua forma (particolarmente “classica” e rotondeggiante) e per le sue qualità estetiche, in quanto a livello di praticità questo tipo di materiale risulta essere molto delicato all’uso e di difficile collocazione. Durante i primi anni ottanta ne fu tentato un certo utilizzo, specie in alternativa all’acciaio inox, nella realizzazione di lavelli “da incasso”, ma per questo uso si iniziò ben presto a preferire le resine sintetiche perché ben più resistenti e versatili a livello di colore. Attualmente il lavello in ceramica viene quasi esclusivamente inserito in tutte quelle cucine “classiche” che tramite le loro linee stilistiche richiamano ad un gusto prettamente anglosassone.
Prima ancora di tutti gli altri materiali che via via sono divenuti di uso comune, i lavelli erano realizzati nei materiali più adatti allo scopo fra quelli presenti in natura, come il marmo e tutte le altre pietre naturali. Originariamente questi manufatti venivano infatti semplicemente realizzati ricavando da dei blocchi rettangolari di materia grezza una o più vasche, le quali potevano essere a loro volta corredate con dei piccoli piani rigati, detti “Gocciolatoi” per la loro funzione di raccolta e convogliamento delle gocce provenienti dalle stoviglie bagnate ivi lasciate ad asciugare. Questa tipologia poteva essere utilizzata, nonostante il suo enorme peso, perché originariamente i lavelli venivano sostenuti da strutture in muratura. Con il diffondersi invece dei mobili da cucina (componibili e non) si è preferito optare per tipologie di lavelli più leggere e maneggevoli, nonostante questo però i materiali più “antichi” hanno mantenuto intatto il loro fascino ed il loro gusto originale e per questo motivo hanno continuato, fino ai giorni nostri, ad essere usati per alcune specifiche tipologie di arredi. A questo scopo, è stato inventato un sistema che permette di realizzare dei lavelli in marmo, pietra o granito in maniera più economica e leggera. Stiamo parlando dei lavelli “assemblati” anche detti “scatolari, i quali vengono costruiti unendo con degli appositi collanti delle lastre dello spessore di 2 o 3 centimetri, a formare delle vasche che assumono per questo le sembianze di una scatola aperta. Questo modello di lavello risulta particolarmente adatto alle cucine componibili, prima cosa perché estremamente più leggero dei lavelli “monoblocco” e poi perché permette la realizzazione di strutture più “sottili” che per la loro stessa forma sono più adatte ad essere inserite all’interno dei mobili. I lavelli scatolati, assemblati in marmo o in altre pietre, possono infatti essere tranquillamente montati “sotto-piano”, lasciando cioè la superficie superiore del “top” della cucina perfettamente liscia, integra se non per il foro della vasca e per questo priva di tutte quelle sporgenze tipiche di tutti i lavelli “ad incasso”. Attenzione però: a differenza dei lavelli in blocco (o in “massello” che dir si voglia) questo tipo di lavello è caratterizzato da delle vasche che hanno al loro interno gli spigoli “vivi” tipici di ogni “scatola” (da qui il suo nome) e questo rende un po’ più complessa la sua pulizia rispetto alle vasche dalle forme stondate realizzate scavando i lavelli in massello.
A proposito dei materiali con cui si può trovare questo tipo di lavello, si può dire che la loro scelta dipende in massima parte dal tipo di piano che si è deciso di scegliere per la propria cucina. Ormai da qualche decennio a questa parte le pietre naturali più utilizzate a questo scopo sono generalmente i marmi e i graniti per la loro grande resistenza e la impermeabilità delle loro superfici una volta che esse vengono levigate (o ancora meglio “lucidate”) e appositamente trattate. Circa questo essenziale aspetto è però importante fare un po’ di chiarezza: la pietra, il travertino, il marmo e il granito, pur essendo tutti delle “pietre naturali”, sono materiali abbastanza differenti fra di loro per la loro estetica, per la loro resistenza agli urti e per la compattezza, caratteristiche queste che li rendono più o meno adatti a contenere dei liquidi.
La pietra è ad esempio fra questi sicuramente il materiale più friabile, il meno tenace e probabilmente quello che più presenta la caratteristica di assorbire liquidi. Questo non lo rende però un materiale meno adatto alla costruzione di lavelli, tutt’altro… L’uso di un materiale come questo deve però essere corredato dalla consapevolezza circa le caratteristiche specifiche del prodotto e delle problematiche attinenti. Lo stesso discorso vale per il Travertino il quale, pur essendo un materiale molto meno poroso della pietra, presenta numerose cavità naturali e per questo può essere tranquillamente usato per costruire lavelli, ma solo se opportunamente lavorato affinché non si verifichino perdite o rotture. Da questo punto di vista il “Marmo”, nelle sue numerose varianti, è universalmente considerato uno dei materiali migliori per la costruzione di lavelli. Anch’esso però non è completamente privo di svantaggi in quanto, come ogni prodotto naturale, è certamente anch’esso soggetto a macchiarsi ed ad ungersi specie se non viene opportunamente lucidato, trattato e soprattutto manutenuto nel tempo. Forse, almeno a livello di praticità, fra quelli descritti in questo paragrafo, i lavelli che garantiscono una più sicura comodità di utilizzo sono i lavelli in Granito. Quest’ultimo infatti è una pietra molto tenace e compatta che pur presentando delle difficoltà maggiori per la sua lavorazione ( è un materiale molto più duro della pietra e del marmo e per questo più complesso da segare e levigare), una volta perfettamente levigato, lucidato e trattato, mantiene più a lungo l’impermeabilità della propria superficie e garantisce una migliore resistenza a urti e graffi.
Di recente le nuove tecnologie hanno consentito l’invenzione di materiali inediti e altamente evoluti con i quali realizzare, oltre ai Tops delle cucine, anche dei lavelli perfettamente integrati al loro interno, in quanto realizzati con lo stesso identico materiale in modo da ottenere un effetto di perfetta contiguità. Si tratta di soluzioni esteticamente eccellenti tramite le quali è possibile ottenere un perfetto connubio fra un design bello e ricercato ed una estrema praticità. Essendo però prodotti principalmente usati per la realizzazione di Piani di lavoro da cucina e solo in secondo luogo, di lavelli, rimandiamo ad un prossimo articolo un più accurato e specifico approfondimento tecnico su tali materiali, concentrandoci adesso soltanto sul loro uso per la realizzazione di lavelli.
A parte i marmi, le pietre ed i graniti uno dei primi materiali con cui, in ordine di tempo, è stato possibile realizzare Tops da cucina con all’interno lavelli integrati nello stesso materiale è stato il Corian. Questo materiale di produzione Dupont, è una resina sintetica molto malleabile con la quale vengono realizzati un gran numero di manufatti e con i quali è ovviamente possibile realizzare degli splendidi piani di lavoro da cucina caratterizzati da una superficie continua priva di giunzioni o di separazioni. Per la realizzazione di questi piani viene infatti utilizzata una speciale tecnologia che permette la giunzione di due o più differenti piani di lavoro tramite l’uso di un collante speciale che altro non è che un derivato della stessa materia prima con cui è costruito il top stesso. Con tale sistema è possibile quindi anche attaccare delle vasche “sotto top” al piano di lavoro stesso, lavorazione che avviene utilizzando dei pozzetti preventivamente realizzati colando lo stesso materiale in degli appositi stampi dotati delle forme più svariate. L’effetto che si ottiene è quello di una perfetta integrazione tra lavello e piano di lavoro in cui, il materiale stesso del top, pare in qualche modo adattarsi agli utilizzi specifici, avvallandosi opportunamente nella zona del lavello e formandovi una o due vasche a seconda delle necessità.
Gli ultimi anni hanno visto successivamente affacciarsi sul mercato anche altri materiali tecnologici, sempre più evoluti e resistenti, come è ad esempio il “Quarzo”. In questo caso si tratta di lastre dallo spessore variabile fra i due e i tre cm, realizzate in “composti” che hanno preso piede in quanto validissime alternative alle pietre naturali come i marmi ed i graniti. Stiamo parlando di veri e propri “derivati” in quanto sono materiali realizzati miscelando particelle di marmo, granito e quarzo, con amalgame cementizie e resine apposite, le quali vengono inserite nell’agglomerato con lo scopo di migliorare le performance del prodotto, sia in quanto a resistenza che in quanto a impermeabilità ai liquidi. Proprio grazie a queste loro eccellenti caratteristiche. con i quarzi è dunque possibile realizzare anche dei lavelli che vengono costruiti assemblando delle sorte di “scatole”, composte da diversi pezzi incollati insieme; esattamente come abbiamo visto per i lavelli assemblati detti “scatolari”. Anche in questo caso l’obbiettivo è quello di ottenere superfici dall’aspetto continuo e uniforme che, grazie alle specifiche caratteristiche estetiche dei quarzi, si presentano in una forma estremamente moderna e perfettamente integrata con lo stile degli arredi più attuali. Proprio come nel caso dei lavelli in marmo o granito, stiamo parlando di manufatti che vengono realizzati con vasche che presentano degli spigoli “vivi” i quali, per ciò che concerne l’interno, qualche volta possono essere complicati da pulire a fondo, e per quanto riguarda il loro bordo esterno, possono risultare delicati agli urti. L’effetto complessivo è però effettivamente eccellente e se non fosse per il costo abbastanza alto del prodotto, reso notevole dalla lavorazione prettamente artigianale che questo tipo di lavello richiede, sarebbe da considerare fra le migliori soluzioni esistenti nel panorama dei moderni arredi da cucina.
Fra le più recenti novità a proposito di materiali con cui realizzare piani e lavelli da cucina vi è senza dubbio anche l’HPL, anche detto “laminato stratificato”. In realtà si tratta di una novità piuttosto “relativa” in quanto stiamo parlando di un materiale che è presente sul mercato già dal secolo scorso e con il quale vengono realizzati mobili e suppellettili da moltissimo tempo. E’ la sua ampia diffusione in quanto materiale di uso comune per la realizzazione di Tops da cucina e di lavelli che è invece sicuramente abbastanza recente. Si tratta di una materiale sintetico che viene formato sovrapponendo tanti strati successivi di fogli impregnati di resine melaminiche, i quali essendo sottoposti ad alta pressione (da cui il nome HPL: High Pressure Laminate) si compattano a tal punto da formare un’unica lastra, dotata di una resistenza a flessione e compressione davvero inaudita. L’Hpl è dunque una superficie plastica eccezionalmente resistente e perfettamente impermeabile che, grazie alle sue caratteristiche tecniche ed al suo spessore molto ridotto, si rende particolarmente adatto alla realizzazione di piani e lavelli. Per quanto riguarda quest’ultimi, il sistema produttivo che consente la loro costruzione è lo stesso dei lavelli assemblati o scatolari di cui abbiamo parlato poc’anzi. In questo caso specifico però per la realizzazione delle vasche si utilizza un supporto in acciaio che si presenta come una vera e propria vasca, la quale viene prima incollata sotto al piano di lavoro e poi tappezzata con dei piccoli pannelli di Hpl incollati fra di loro ed alla vasca stessa. Questo specie di “doppio fondo” è necessario a causa del ridotto spessore delle lastre e consente al materiale una durata maggiore ed un rischio di perdite praticamente inesistente. Considerando che l’HPL può essere utilizzato sia per la produzione di Top e lavelli, che per la produzione di ante da cucina, è facile immaginare l’eccellente effetto estetico che tramite questo eccezionale materiale è possibile ottenere. In quanto alle sue caratteristiche tecniche infatti l’HPL non ha molto da invidiare agli altri materiali da lavello fin qui trattati, anzi, sotto alcuni aspetti è da considerare molto spesso migliore; gli svantaggi in questo caso sono dovuti alla minore resistenza al calore di queste sostanze rispetto ad altre e all’alto costo di questo tipo di lavello che, solitamente realizzato nelle versioni “mono vasca”, supera abbondantemente quello di qualsiasi lavello da incasso “Composto” in resina sintetica, pur possedendone più o meno le solite ottime proprietà pratiche.
L’ultimo dei materiali per lavello che tratteremo in questa rassegna è anche quello che è arrivato sul mercato più recentemente, ovvero, il Gres Porcellanato.
Si tratta, né più e né meno, dello stesso materiale con cui vengono prodotti da decenni sia i pavimenti che i rivestimenti, lavorato però, grazie alle più recenti tecnologie, in maniera da ottenere delle grandi lastre larghe circa tre metri, da cui è possibile ricavare ben due piani da cucina profondi fino a 70 cm dello spessore variabile da 1 a 3 cm. La più importante caratteristica di questi piani sta nella loro insuperabile resistenza a urti e graffi, prerogative che rendono tale materiale particolarmente adatto anche alla realizzazioni di lavelli integrati. Pure in questo caso stiamo parlando di lavelli del tipo “assemblato” o scatolare, quelli cioè che, come abbiamo già visto, vengono costruiti incollando insieme dei pezzi di lastra spessi almeno 2 cm e che possono assumere diversi aspetti grazie alla lavorazione prettamente artigianale che è necessaria per ottenerne la costruzione. I lavelli integrati in Gres porcellanato, differiscono dunque per numerosi aspetti dai lavelli in ceramica di cui abbiamo parlato ad inizio articolo. Per prima cosa per il materiale, che è una particolare ceramica compatta in cui non vi è una parte interna più tenera detta “biscotto” ed una esterna più resistente detta “smalto”, ma vi è bensì un unica pasta uniforme e sulla cui superficie viene effettuata una operazione estetica di finitura.
Ad osservare in sezione una superficie realizzata in gres porcellanato, è infatti facilmente riscontrabile che non ci si trova di fronte a due materiali di differente resistenza e compattezza ma bensì ad un unica sostanza, alla quale viene applicata superficialmente una specie di “vernice” capace di renderla bella esteticamente, ancora più resistente agli urti e totalmente impermeabile. Tant’è vero che le normative tecniche UNI, definiscono quale “Gres porcellanato” solo quelle ceramiche che possiedono un coefficiente di assorbimento all’acqua minore dello 0,5%. Il materiale di per sé dunque non ha nulla a che fare con la ceramica con cui venivano e vengono ancora oggi costruiti i lavabi ed i lavelli “di vecchio tipo”, ma anche la forma che tale materiale è capace di assumere è molto diversa nel caso dei lavelli. Il lavello assemblato in Gres ha infatti, a causa delle sue forme necessariamente squadrate tipiche della sua lavorazione, un aspetto molto moderno e minimalista. La quantità praticamente infinita di colori e di finiture disponibili lo rendono inoltre di una versatilità paragonabile solo a quella dei quarzi o dei laminati. Un fattore che già da solo rende questo modello di lavello ben diverso da quello tradizionale, in ceramica bianca, a cui siamo abituati normalmente a pensare.
Indipendentemente dal materiale che sceglieremo, anche la forma del lavello che completerà la nostra cucina componibile dovrà essere scelta attraverso una riflessione che tenga presente numerosi fattori. Uno dei più importanti riguarda la sua misura in quanto, a seconda dello spazio che avremo a disposizione, dovremo optare per un lavello che sia il più possibile proporzionato al luogo dove sarà collocato senza dimenticare l’uso che dovremo farne, facendo però attenzione a non esagerare. Sì perché, pur volendo dare alla comodità la massima rilevanza possibile (un lavello, ovviamente, più grande è e meglio è), bisogna poi fare i conti con gli spazi che necessitano per gli altri accessori indispensabili che collaborano a rendere ogni cucina adeguata e funzionale. Questo è probabilmente il motivo per cui il “lavello da cucina” che, come abbiamo visto, inizialmente veniva prodotto in pratica in una sola versione (due vasche più gocciolatoio), è adesso disponibile in numerosissimi modelli, diversi sia per forma che per dimensioni. Del resto, gli spazi della maggior parte delle abitazioni moderne sono sempre molto ridotti e riuscire ad ottimizzare al massimo anche un arredo importante, come è quello di una cucina componibile, è diventata un’esigenza oramai primaria. Ha senso dotare dunque di un lavello da 120 cm, una cucina che ha solo un metro e ottanta di piano di lavoro? E viceversa: è giusto alloggiare un lavello ad una vasca, quando si ha a disposizione una cucina grandissima? Dipende. La scelta di un lavello infatti non è legata solo allo spazio che possiamo arredare, ma anche ad altri fattori, come le abitudini personali, gli eventuali utilizzi specifici, l’illuminazione su cui la stanza può contare, la presenza o meno della lavastoviglie ecc. Molto spesso a noi arredatori viene chiesto un consiglio in merito a quale sia il miglior lavello da inserire in un progetto. La risposta a questo quesito, non può essere però né semplicistica, né banale e deve essere basata su di un vero e proprio studio che sia preceduto da un’intervista accurata da fare ai futuri utilizzatori della cucina che stiamo progettando. Il lavello infatti non può essere scelto come un elemento a se stante, ma va visto come facente parte di un progetto complessivo, che tiene ben di conto di tutti quei parametri che è necessario considerare all’interno di una cucina componibile. Il fatto che oggi si abbia a disposizione tante differenti varianti non deve essere dunque visto come un problema, bensì come un’opportunità che è indispensabile sfruttare per fare sì che ogni progetto sia composto come un perfetto Puzzle, in cui anche le più banali abitudini familiari contano. Se si cucina poco, e di conseguenza si immagina un utilizzo limitato del lavello, è piuttosto inutile sceglierne un modello particolarmente grande. Se al contrario, pur trovandosi a progettare uno spazio piccolo, ci troviamo di fronte alla necessità di cucinare molto, sarà necessario trovare una soluzione che rappresenti un giusto compromesso per entrambe le problematiche.
Vediamo a questo punto di fare una rassegna che sia il più possibile esauriente a proposito dei differenti modelli di lavello che è possibile trovare in commercio, partendo da quella tradizionalmente più comune, ovvero quella con due vasche ed il gocciolatoio, per poi affrontare tutti le altre soluzioni più diffuse.
Si tratta come detto del lavello tradizionalmente più comune, il primo ad avere ampia diffusione con l’affermarsi delle cucine componibili, nonché quello che viene universalmente riconosciuto come il lavello “per antonomasia”, cioè quello a cui più si riconduce l’immaginario collettivo, quando ci si trova a parlare di lavello. Esso è formato da due avvallamenti di forma più o meno rettangolare che fungono da vasca e che possono essere posizionate indifferentemente sia sul lato destro che sul lato sinistro del manufatto. All’interno delle vasche viene alloggiata la cosiddetta “piletta” che altro non è che lo scarico dove le acque reflue che vi vengono convogliate raggiungono il “sifone” sottostante che porta al tubo di uscita. Sopra alle vasche è sempre alloggiato il rubinetto, il quale può essere posizionato sul lavello (ed in quel caso il manufatto sarà stato precedente forato per permettere il suo alloggiamento), oppure sulla parete retrostante su cui viene poggiato il lavello stesso. Il resto dello superficie (di solito circa un terzo o un quarto dell’intero spazio) è occupato dal Gocciolatoio, una specie di superficie piana su cui vengono praticati dei piccoli canali i quali hanno il compito di convogliare nella vasca più vicina tutta l’acqua proveniente dai cocci che vi vengono posti ad asciugare. Tutto intorno al perimetro del lavello è presente un piccolo scalino che serve per far si che l’acqua che viene utilizzata per il lavaggio venga in qualche modo contenuta e che non vada a bagnare la mobilia o il resto del piano di lavoro. Anche questo lavello, come la maggior parte di quelli di cui parleremo, esiste in tantissime versioni: è infatti possibile trovarlo nella soluzione “da incasso”, in quella “da appoggio”, in quella integrata, in quella da semi-incasso e in quella da “sotto-piano”. In tutti questi casi a cambiare è solo la metodologia di inserimento nel mobile, mentre la forma complessiva muta solo limitatamente ai parametri necessari per rendere possibili i differenti tipi di alloggiamento.
Ma perché il lavello da cucina componibile è nato con questa specifica forma? Beh come molto spesso succede il design di un oggetto dipende essenzialmente dal suo specifico utilizzo. In particolar modo il lavello rappresenta un esempio eclatante di come il design si sia in qualche maniera messo a disposizione della praticità d’uso con lo scopo di ottenere un prodotto che fosse capace di facilitare veramente la vita. Stiamo parlando circa del periodo a cavallo degli anni ’60 in cui stava prendendo piede l’abitudine di arredare ogni stanza adibita alla cottura dei cibi con degli arredi specificatamente studiati che presero presto il nome di “cucine componibili” in quegli anni le esigenze del cosiddette “casalinghe” erano ben chiare: avere un posto dove cucinare, uno dove conservare il cibo ed uno dove poter lavare le stoviglie una volta utilizzate. A questo scopo furono studiate le metodologie di lavaggio più comuni e si decise di progettare una forma di lavello che assecondasse molto semplicemente i movimenti di ogni massaia ovvero, il lavaggio, il risciacquo, l’appoggio su di un piano e l’asciugatura. Ebbene la forma del lavello a due vasche più gocciolatoio segue esattamente questo tipo di processo: nella prima vasca si poggiano i piatti sporchi lavandoli con l’acqua; una volta lavati si passano nella seconda vasca (ovviamente più pulita della precedente) dove poter effettuare un accurato risciacquo, per poi poggiare le stoviglie sul gocciolatoio in attesa di procedere con l’asciugatura. Niente di più semplice. Bisogna tenere presente che stiamo ancora parlando di tempi in cui la lavastoviglie era solo un miraggio e di situazioni in cui, molto spesso, ci si trovava ad arredare non delle vere e proprie cucine ma soltanto dei piccoli e angusti cucinotti in cui era davvero difficile far combaciare tutto. Per questo si optava quasi sempre per arredi mobili “ad appoggio” invece delle soluzioni continue ad incasso. E’ in questo tipo di ambito che è necessario immaginare la creazione del design di questo tipo così universale di lavello: un modus progettuale in cui non vi era quasi mai la disponibilità di piani di lavoro, ma soltanto la possibilità di usufruire di elementi singoli, di per se dotati di pochissimi spazi dove appoggiare le stoviglie ed i cibi necessari per cucinare.
Con l’evolversi dei sistemi abitativi si è andati a dare un’importanza sempre maggiore alla cucina, in quanto complesso di arredi specificatamente studiati per cucinare, nonché a tutti quei suoi singoli elementi ritenuti indispensabili per un utilizzo comodo e pratico. La cosa che più di tutti è stata valorizzata fino a partire dall’inizio degli anni ’70, cioè dal momento in cui hanno cominciato a diffondersi le moderne cucine componibili, è stata probabilmente il “piano d’appoggio”, chiamato anche “Top”. Come abbiamo detto precedentemente, si era infatti partiti all’inizio col posizionare nelle cucine degli elementi singoli, separati gli uni dagli altri (frigo, cucina economica, lavello e mobile “mettitutto”) e capaci di sopperire alle più basilari esigenze, ma che non erano degli arredi realmente “integrati”ed in grado di migliorare la praticità e l’estetica complessiva della mobilia. Ad un certo punto però si sono diffuse (anche grazie alla Tv) delle tipologie di arredo del tutto inedite, basate per lo più su idee provenienti dagli Stati Uniti (da cui il nome “cucina all’americana”) con cui venivano risolti numerosi problemi pratici, ivi compreso quello relativo allo spazio necessario alla preparazione dei cibi.
Le cucine all’americana erano infatti dotate di un design unico che aveva un comune denominatore: un piano d’appoggio continuo che serviva per uniformare gli arredi, rendeva impossibili le infiltrazioni d’acqua fra i mobili e si rivelava particolarmente utile per la preparazione dei cibi grazie alla sua ampia superficie. Fino ad allora infatti le pietanze venivano per lo più preparate sopra il tavolo da pranzo, ma quest’ultimo è notoriamente basso (circa 75 cm) e richiede di essere usato necessariamente da seduti. Il piano d’appoggio della cucina è invece alto ben 90 cm e per questo motivo può essere più comodamente usato da una persona che, dovendosi velocemente spostare dalla zona cottura a quelle del lavaggio e della conservazione, deve poter lavorare in piedi. Proprio per dare massimo spazio al piano d’appoggio sono stati sviluppati dei lavelli che essendo privi del gocciolatoio permettono di ampliare il piano di lavoro di ben 30 o 40 cm. Il lavello a due vasche senza gocciolatoio è dunque molto adatto in tutte quelle cucine che pur carenti di piano di lavoro, sono però dotate di lavastoviglie (da cui i piatti escono asciutti) o che possono almeno contare su di un luogo dove riporre i piatti ad asciugare come avviene nel “pensile scolapiatti”. Le misure di questo tipo di lavello variano solitamente da un minimo di 80 ad un massimo di 100 cm, ma mentre la misura più comune esistente in commercio è quella tipica da 90 cm, è possibile anche trovare dei lavelli corredati di vasche molto piccole che complessivamente misurano addirittura 70 o 60 cm.
Quando, a differenza del caso trattato nel paragrafo precedente, si ha a che fare con una cucina di piccole dimensioni, ma non si vuol proprio rinunciare alla comodità di uno spazio apposito dove poggiare le stoviglie bagnate, ecco che si può optare per un lavello ad una sola vasca con gocciolatoio. Si tratta di una delle soluzione attualmente più in voga per chi ha una cucina piccola ma dotata di lavastoviglie, perché in questo specifico caso è possibile effettuare un breve risciacquo delle stoviglie nella vasca del lavello che abbiamo a disposizione (la quale misura al solito almeno 38/42 cm di larghezza) per poi poggiarle provvisoriamente sul piano del gocciolatoio in attesa di riempire la lavastoviglie. Anche questo è un ovvio caso in cui l’ottimizzazione degli spazi è resa necessaria dalla misura sempre molto ridotta di molti appartamenti di nuova costruzione. Nelle cucine delle piccole abitazioni di città. nel medesimo spazio di 120 cm in cui una volta si posizionava un lavello con due vasche e gocciolatoio, adesso si usa posizionarvi un lavello ad una sola vasca, magari con la lavastoviglie posizionata sotto al gocciolatoio del lavello stesso.
A proposito di questa situazione, in verità diventata ormai abbastanza comune, è necessario fare un po’ di chiarezza. Il concetto che spesso risulta di difficile comprensione sta nel fatto che la lavastoviglie può essere inserita, almeno in parte, nello spazio che è occupato dal lavello stesso. Ciò significa che nel conteggiare i centimetri occorrenti per alloggiare lavello e lavastoviglie da incasso, non dovremmo sommarli uno all’altro (ad esempio: lavello di 90 cm ad una vasca più gocciolatoio, più lavastoviglie di 60 cm = 150 cm totali) bensì dovremo aggiungere ai 60 cm della lavastoviglie solo lo spazio necessario ad alloggiare la vasca del lavello. Siccome la vasca viene inserita di solito, o in un sotto-lavello di 60 cm, o in uno di 45 cm, ciò consente di ottenere un mobile “lavello con lavastoviglie” che occupa uno spazio di soli 105 o 120 cm. In casi di effettiva necessità è addirittura possibile ridurre ulteriormente questo spazio a soli 90 cm. Per far questo è necessario però incassare sotto al gocciolatoio del lavello una lavastoviglie da 45 cm, la quale sommata ad un mobile sotto-lavello di 45 cm (il minimo possibile per poter accedere agli allacci idraulici) porterà appunto la misura complessiva a 90 cm netti. Le misure di questo modello di lavello variano di poco e dalla misura standard di 90 cm finora citata (esattamente 86×50), possono variare da un minimo di 60 cm (con vasca e gocciolatoio ridotti al minimo) ad un massimo di 120 cm. In quest’ultimo caso, piuttosto raro da trovare in verità, si può sfruttare maggiormente in larghezza sia la vasca (larga fino a 56 cm) sia il gocciolatoio.
Questo modello di lavello nasce da una pressante richiesta dei consumatori i quali, pur di rinunciare alla comodità dell’avere due vasche, preferiscono ridurre al minimo l’ampiezza di una delle due. In questo caso ci troviamo infatti di fronte ad una sorta di “ibrido” in cui la misura complessiva del lavello viene portata a circa 100/105 cm ed in cui vengono inseriti una vasca di misure normali (circa 35/40 cm di larghezza), un gocciolatoio ed in mezzo una piccola vasca di servizio. Circa la reale utilità di questa piccola cavità centrale tipica dei lavelli da una vasca e mezzo i pareri sono molto discordanti. C’è chi la considera una indispensabile risorsa necessaria per sciacquarvi quelle stoviglie che, una volta passate al lavaggio nella vasca grande, attendono di essere poste ad asciugare sul gocciolatoio o messe in lavastoviglie. C’è invece chi, al contrario, considera questa vasca troppo piccola per essere utilizzata a questo scopo e la usa solo per riporvi le spugnette o gli scovolini. Ad ogni modo, si tratta di una tipologia molto diffusa sul mercato attuale che, per questo motivo, necessita di essere osservata opportunamente. Partiamo da un presupposto: essendo nato come risposta ad una certa riduzione dello spazio a disposizione, sia sul piano di lavoro che nella misura complessiva di ogni cucina componibile, questo tipo di lavello deve essere considerato solo da chi pensa davvero di averne bisogno. La misura effettiva della seconda vasca infatti non giustifica il suo uso in cucine in cui, senza creare troppi problemi, è possibile inserire un lavello a due vasche di misure normali.
Questa può essere pensata effettivamente come una soluzione alternativa ma solo ed esclusivamente dopo aver preso in considerazione tutte le altre disponibili. Il conteggio da fare in queste situazioni del resto è abbastanza semplice: si calcola o rileva la larghezza complessiva del futuro Top (piano di lavoro) della cucina, vi si sottrae i cm necessari al piano di cottura e a quel punto si calcola quello che è lo spazio rimanente da destinare al lavello ed al “piano di appoggio”. Se si ha poco spazio e si è prevista la presenza una lavastoviglie, il lavello sarà sufficiente anche ad una vasca, ma se si ha uno spazio più abbondante, ma non vi si può lo stesso alloggiarvici un lavello a due vasche, allora è più semplice e vantaggiosa questa soluzione “intermedia”. La questione sulla utilità della “seconda vasca” diventa infatti a quel punto abbastanza secondaria: sarà la larghezza complessiva del lavello, in quanto maggiore dei classici 90 cm, a fare la differenza in termini di comodità e non la larghezza effettiva della seconda vasca. D’altronde, siccome più grande è un lavello e maggiore è la sua capacità di contenere gli schizzi prodotti durante le fasi del lavaggio, in quei tanti casi in cui l’inserimento di un lavello di dimensioni tradizionali non è proprio possibile, poter contare su di un lavello che è largo solo 20 cm meno del normale (100 cm, anziché i 120 cm di quello a 2 vasche più gocciolatoio) può rivelarsi molto utile.
Quando si ha a che fare con problemi di spazio sempre più pressanti, capita spesso di farsi venire in mente soluzioni estremamente ingegnose che difficilmente sarebbero venute in condizioni normali. E’ questo il caso del lavello in angolo, tipologia entrata sul mercato nella prima metà degli anni ’80, che rapidamente si è diffusa per le sue peculiarità capaci di risolvere molti problemi di incasso, specie nelle cucine di piccole dimensioni. Partiamo con l’esaminare la sua forma: si tratta in pratica di poligono formato da due rettangoli che si intersecano l’uno con l’altro a 90° e dai quali manca un triangolo di circa 20 cm per lato nella loro parte posteriore.
Le sue misure sono ideate per far sì che il lavello possa essere incassato in un mobile base di 90×90 (anche se questo non avviene quasi mai e vedremo dopo il perché) e consentono uno sfruttamento pressoché completo dell’angolo della cucina. In questo modello di lavello infatti, le vasche sono collocate agli estremi laterali del poligono e questo libera posteriormente uno spazio trapezoidale, in trovano posto un piccolo gocciolatoio ed il rubinetto messo a servizio delle due vasche. In alcuni casi questo spazio posteriore viene occupato anche da una vasca di minutissime dimensioni, la quale va a prendere buona parte del gocciolatoio, riducendolo davvero ai minimi termini. Più recentemente si è diffuso un ulteriore modello di lavello ad angolo in cui le vasche sono poste in posizione “asimmetrica”. In questo specifico caso ci si trova davanti ad un manufatto dalle forme del tutto simili ai precedenti, in cui però le vasche sono posizionate in fila da un lato solo del lavello stesso, mentre nell’altro trova spazio lo gocciolatoio. E’ una soluzione particolarmente gradita da chi preferisce sacrificare un po’ una delle due vasche (che in questo caso si trova nel lato posteriore del lavello) al fine di poter usufruire di un gocciolatoio degno di questo nome sotto al quale, in caso di necessità è addirittura possibile inserire una lavastoviglie.
Il lavello ad angolo è in definitiva uno dei modelli di lavello più “particolari” che esiste in commercio e la sua specificità è dovuta non solo alla sua forma, ma anche al suo speciale tipo di alloggiamento ed alla posizione che deve tenere chi lo utilizza. Vediamo di capirne di più, partendo proprio dal posizionamento all’interno del piano di lavoro di una cucina componibile angolare, il quale avviene per questo lavello attraverso la produzione di un foro di forma poligonale realizzato proprio dove è presente la congiunzione fra i Top che provengono dai due lati della cucina. Questo crea subito una problematica di cui è bene essere consapevoli.
I piani di lavoro cosiddetti “in barra” (cioè quelli come il laminato che vengono prodotti in pannelli larghi 60 cm, come sono profonde le basi di una cucina), per poter essere posizionati “ad angolo” vengono uniti attraverso una “giunta” che crea un piccolo taglio fra i due piani di lavoro. Questo piccolo taglio, pur essendo sempre durante il montaggio opportunamente sigillato tramite collanti e siliconi, nel caso di incasso di un lavello ad angolo può creare qualche piccolo problema di “tenuta”. Ciò è dovuto a numerosi fattori che alla lunga finiscono per danneggiare il materiale stesso del top a causa delle infiltrazioni che con tempo riescono a raggiungere sia l’interno del top spesso che la mobilia sottostante. Cosa che ovviamente non può avvenire nel caso si utilizzi al contrario dei materiali reperibili “in lastra” (come il marmo, il granito, il quarzo e l’Hpl) nei quali la dimensione delle lastre in cui sono realizzati, consente la produzione di piani angolari continui, privi quindi di qualsiasi tipo di giunzione nella parte dove deve incassato il lavello ad angolo e scevri quindi da problematiche di infiltrazione. In questo caso infatti l’eventuale giunta viene in fase di produzione “allontanata” dal foro d’incasso del lavello ad angolo, in modo da salvaguardare la salubrità dei materiali.
Andiamo a vedere a questo punto le specificità relative al posizionamento di questa tipologia di lavello all’interno di una normale cucina componibile. Come abbiamo detto, le misure del manufatto (esattamente 86×86 cm) consentirebbero il suo incasso all’interno di un mobile di 90×90, questo però comporterebbe la creazione di un sotto-lavello le cui ante misurano solo 30 cm ciascuna. Le problematiche in questo caso sarebbero essenzialmente due: la prima riguarderebbe il montaggio degli attacchi del lavello in quanto, ovviamente, il passaggio attraverso le ante sarebbe talmente limitato da rendere molto difficoltoso (se non addirittura impossibile) il lavoro dell’idraulico.
Il secondo riguarda invece il posizionamento della lavastoviglie. Nel caso di incasso di un lavello ad angolo infatti, pur essendo innegabile un certo “risparmio” di spazio per ciò che concerne il rimanente piano di lavoro, bisogna considerare la posizione che la persona che utilizza il lavello è costretta a tenere quando accanto al lavello è alloggiata una lavastoviglie. E’ infatti facile immaginare quanto sarebbero difficoltosi i movimenti di una persona che lava i piatti se fosse costretta, fra i due lati, dallo stesso Top angolare dove è posizionato il lavello e da un terzo lato, dalla lavastoviglie in posizione aperta, pronta per essere caricata. Per evitare problemi dunque è bene ricordare che per rendere un lavello angolare effettivamente comodo è assolutamente necessario che un’eventuale lavastoviglie sia posizionata almeno a 60 cm dall’angolo stesso, in maniera di consentire la libertà di movimento necessaria in questi casi.
La scelta di questo modello di lavello è quasi sempre dovuta a ragioni diametralmente opposte rispetto a quelle che fanno prediligere i lavelli precedentemente trattati. La soluzione ad una vasca unica era stata infatti quasi abbandonata già all’inizio del diffondersi dei primi arredi specifici da cucina con i quali, per decenni, si è andata via via delineando una certa preferenza verso i modelli a una o due vasche separate, ma sempre corredati di gocciolatoio. I lavelli mono-vasca erano invece considerati quelli tipici delle epoche antiche che, realizzati in pietra o in marmo, facevano bella mostra di sé in ogni abitazione dotata di una “cucina” degna di questo nome. Tant’è vero che i lavelli ad una vasca unica, pur continuando ad esistere imperterriti anche dopo la diffusione delle cucine componibili, erano stati alla fine relegati ad arredi di nicchia, per lo più destinati ad un “lavoro di memoria”, specie nelle cucine “classiche”, utili a rendere più particolare ed efficace esteticamente ogni arredo stilisticamente ricercato. E’ certamente per lo stesso identico “movente estetico” che i lavelli ad una vasca sono tornati ultimamente di gran moda perché, è inutile negarlo, essi sono indubbiamente belli. Pur esistendo nelle più svariate misure essi danno un senso di ampiezza incomparabile che è dovuto principalmente all’assenza di separazioni ed alla sobrietà delle loro linee. Una semplice ed unica vasca, realizzata nei più svariati materiali, con misure che possono variare dai 40 fino ai 100 cm di larghezza.
Quelli piccoli, sono quelli destinati alle mini-cucine ed a tutti quelli spazi in cui è impossibile alloggiare un lavello che sia dotato anche solo di un ben che minimo gocciolatoio laterale. Quelli grandi, dagli ottanta ai 100 cm di larghezza, sono invece destinati ai grandi spazi, alle cucine ampie, ariose, siano esse moderne o classiche, nelle quali sia comunque sia necessario poter godere della sottintesa “opulenza” e di quel certo senso di “lusso” che solo un grande lavello mono-vasca è capace di trasmettere.. Perché di questo, alla fine, si tratta. Non c’è infatti in realtà nessun motivo “pratico” in chi opera questo tipo di scelta… Sì, senza dubbio un lavello mono-vasca è facilmente utilizzabile, ma che utilità pratica può effettivamente avere, lavare i piatti in una vasca unica di oltre 80-90 cm di ampiezza? Con tutta probabilità, si otterrebbe una maggiore comodità di lavaggio utilizzando un tradizionale lavello a due vasche con gocciolatoio… Però cerchiamo di immaginare una splendida cucina moderna corredata con un normalissimo, vecchio ed “onesto” lavello a due vasche da 120 cm… e subito dopo pensiamo alla stessa cucina, ma in cui fa bella mostra di sé un magnifico lavello mono-vasca, magari da 100 cm di larghezza… Il risultato finale è certamente diverso, e questo è il motivo del grande e recente successo di questa tipologia di lavello, il quale, senza dubbio, è capace già da solo di cambiare radicalmente l’estetica di ogni cucina.
Ben diverso è il discorso quando si parla di lavelli mono-vasca di piccole o piccolissime dimensioni: in quel caso le motivazioni della scelta sono infatti invece sempre strettamente legate a motivi carenza di spazio. Del resto, è facile capire quanto può risultare più conveniente inserire un lavello di soli 40 0 50 cm di larghezza al posto dei ben più comuni 90 0 120 cm dei lavelli “tradizionali”, quando si ha a disposizione spazi davvero ridotti e non si può “tagliare” altrove. La necessità diventa a quel punto quella di ottimizzare ogni spazio e, visto che i tanti prodotti presenti sul mercato lo consentono, si può tranquillamente optare per un piccolo lavello che ci consente un risparmio di “piano di lavoro” magari più utile altrove. I lavelli che nascono a questo scopo vanno infatti da una misura minima di 35 cm ad una massima di 55 cm, che è quella più grande da poter essere inserita in un sotto-lavello da 60.
In ogni caso, per grande e piccolo che sia, chi sceglie un lavello mono-vasca deve fare i conti con il suo unico reale svantaggio, ovvero l’assenza del gocciolatoio. Vi sono però per fortuna numerosi “escamotages” che consentono, con poco, di ovviare a questo piccolo problema. Il più usato è quello di dotare il proprio piano di appoggio di una sorta di “gocciolatoio artificiale” creato attraverso l’uso di un tagliere o di qualsiasi altra superficie capace di trattenere lo sgrondo dell’acqua. Per chi può contare su una vasca grande, è invece possibile dotare il lavello stesso di un simile accessorio, il quale, a quel punto, può essere rimosso o usato a seconda delle necessità senza compromettere l’estetica complessiva del lavello e, di conseguenza, della cucina. Per ultima la soluzione forse più banale, ma probabilmente più funzionale, quella cioè di utilizzare la vasca solo come “contenitore” per i piatti sporchi, in modo da poterli passare sotto al rubinetto e riporli direttamente dentro la lavastoviglie senza ulteriori passaggi.
In questo breve excursus abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza circa quell’importantissimo accessorio che è, da sempre, il lavello da cucina. La nostra però, non può essere una dissertazione davvero completa e esauriente, perché anche se oggi in rete è possibile trovare informazioni praticamente su qualsiasi argomento, è importante non dimenticare che sono spesso la competenza, l’esperienza e la professionalità a fare la differenza. Specie in un lavoro complesso e articolato come è quello dell’arredamento. Per questo motivo i professionisti dei negozi La Casa Moderna sono sempre a disposizione nei propri negozi per dare a chiunque ne abbia bisogno tutte le informazioni necessarie a far si che ogni arredo sia davvero bello e funzionale. Perché è proprio scegliendo opportunamente quegli accessori importanti, come il lavello appunto, che alla fine si riesce realmente a decretare il successo di un buon arredamento.
Speriamo che la nostra guida su come scegliere un letto imbottito ti abbia fornito le informazioni necessarie per prendere una decisione consapevole e soddisfacente. Presso Griva Arredamenti, siamo pronti ad aiutarti a realizzare arredamento su misura.
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