I piani di lavoro, in una cucina componibile, sono certamente tra gli elementi costruttivi più fondamentali e forse, come sostiene qualcuno, i più importanti in assoluto. Su di essi in effetti si appoggiano le cose, si preparano i cibi, si utilizzano i piccoli elettrodomestici, si manovrano gli utensili più comuni e tutto questo viavai di usi diversi li fa divenire dei componenti davvero insostituibili di ogni arredo da cucina. Eppure non è stato sempre così. Prima dell’avvento delle cucine componibili “all’americana” (cioè quelle con i piani “continui ad incasso”), il luogo deputato al “cucinare” era quasi sempre il tavolo da pranzo e l’unico altro mobile destinato alla preparazione dei cibi era spesso la “madia del Pane”. Anche i primi mobili da cucina prodotti industrialmente in Italia, nel secondo dopoguerra, non prevedevano spazi per cucinare e si limitavano ad essere dei semplici contenitori, più o meno articolati a seconda dei casi, proprio come lo erano stati i mobili “Mettitutto” (loro diretti antenati) o, ancora prima, le cosiddette “Credenze” o le “Vetrinette”.
In quell’epoca il piano di lavoro era dunque, essenzialmente, quello del tavolo da cucina, al quale le massaie si sedevano per sbucciare le patate, pulire le verdure o tagliare la carne, oppure vi rimanevano di fronte in piedi per amalgamare la farina con l’acqua per la pasta. Questo piano poteva essere principalmente di due sostanze: di legno oppure di marmo. Il primo, abbastanza economico, era un materiale senza dubbio relativamente resistente agli urti, che risultava però (anche se trattato) poco impermeabile ai liquidi e molto delicato in caso di graffi e tagli; tant’è vero che se ne raccomandava l’uso coprendolo con delle assi di legno chiamate “Spianatoie” o “Taglieri”, a seconda delle loro dimensioni e dell’uso che se ne faceva. Il secondo, ovvero il marmo, era considerato al contrario un materiale molto adatto alla preparazione dei cibi, ma era universalmente considerato abbastanza costoso e in molti luoghi difficilmente reperibile.
Fu così che, a partire dagli anni ’50, si diffuse l’uso di un materiale di tipo plastico capace di sostituire egregiamente sia il marmo che il legno. Si trattava del cosiddetto “laminato”, o sarebbe forse meglio dire della “Fòrmica” come lo chiama ancora oggi qualcuno, sostituendo fin dalla sua invenzione il nome del materiale con il nome dell’azienda che più di tutti ha contribuito alla sua diffusione a livello mondiale. Era più o meno di una sorta di “rivestimento” costruito, come vedremo anche più avanti, da strati successivi e sovrapposti di resine plastiche, il quale forniva una resistenza superficiale davvero straordinaria al legno che gli serviva da supporto. Sì, perché di vero legno all’inizio si trattava. I primi piani per tavoli di produzione industriale in laminato erano costruiti sovrapponendo infatti a dei solidi pannelli di legno (quasi sempre legno “compensato”) uno strato più o meno sottile di resina melaminica. E fu così che la vera “produzione industriale” di concezione moderna fece il suo vero trionfale ingresso nel mondo dell’arredo. Stiamo parlando di un materiale, il “Laminato” appunto, che è stato infatti realmente capace di influenzare sia la produzione che il commercio dei prodotti d’arredamento! Del resto, i presupposti c’erano tutti. La plastica, entrata ormai già da qualche decennio nelle case della gente, era rinomata per la sua innata resistenza e non ha dovuto attendere molto per essere accettata al posto delle tradizionali superfici destinate al lavoro in cucina, sia per la sua economicità che per la sua indiscutibile praticità.
La “Formica” infatti era materiale impermeabile, molto resistente ad urti e graffi, elastico, sottile e molto adatto ad essere colorato. Ciò consentiva a questa materia di assumere qualsiasi sembianza e, volendo, anche un aspetto più tradizionale, come ad esempio quello del legno. Tant’è vero che il suo uso ebbe subito una diffusione davvero eccezionale, soprattutto proprio per i mobili da cucina. A partire dai primi anni cinquanta cominciarono a propagarsi i primi tavoli in laminato, accompagnati dai primi mobili (credenze o pensili) abbinati, e prodotti con lo stesso tipo di composto. Da lì al diffondersi delle moderne “cucine componibili” il passo fu breve ..
Il nuovo benessere portato dagli anni del “boom economico” consentì a partire dagli anni ’50 di immaginare gli arredi della cucina come una parte integrante dell’abitazione stessa. Il passaggio fu abbastanza graduale e fu accompagnato dalla diffusione e dall’evoluzione dei cosiddetti “Elettrodomestici”.
Prima di allora infatti gli elementi tipici di una cucina erano sempre più o meno gli stessi: c’era il camino, quasi sempre dotato di “fornelli”, il lavello, il mobile credenza o “mettitutto”, la madia ed il tavolo con le sedie. I più ricchi possedevano la “ghiacciaia” ma per la maggior parte delle persone conservare il cibo grazie al freddo anche in estate, costituì un miraggio fino al Secondo Dopoguerra. Poi, arrivò il benessere della brevissima “Epopea industriale” che accompagnò appunto il Boom economico ed iniziarono a giungere nelle case i primi frigoriferi, le prime cucine a legna per poi arrivare ai forni elettrici ed ai fornelli a gas. Tutti questi inserimenti, modificarono bene o male l’ergonomia degli arredi. Un tempo non c’era bisogno di un piano di lavoro a servizio della cosiddetta “Cucina economica”, perché si cucinava sul camino o sui suoi fornelli, ed il lavello, nella sua maestosità di Marmo o di pietra, era già corredato di un suo piccolo piano d’appoggio.
Si cominciò quindi ad immaginare dei mobili che funzionassero in qualche modo da corredo per i nuovi elettrodomestici e si iniziò così a posizionare la credenza, non di fronte alla zona “cottura-lavaggio” bensì accanto ad essa. Era accaduto infatti, ovviamente, che i pezzi componenti l’arredo della cucina erano nel frattempo divenuti davvero tanti e la loro disposizione creava senza dubbio problemi di spazio in cucine divenute nel frattempo sempre più piccole. Fu per ottimizzare questo spazio che nacque la moderna concezione di “Piano di lavoro da cucina”.
Il rapido evolversi delle esigenze familiari portarono dunque alla nascita di nuove metodologie d’arredo delle cucine che, dagli anni ’50 in poi, interessarono bene o male tutte le abitazioni. Alle credenze poste accanto a lavello e cucina economica si aggiunse il frigorifero, a volte la lavatrice e un po’ più tardi la lavastoviglie. Tutto questo assembramento necessitava di un po’ di ordine e si pensò di creare degli “standard” dimensionali che permettessero un accostamento un pochino più organizzato e uniforme di tutti gli elementi di arredo e degli elettrodomestici inseriti in cucina. I mobili iniziarono dunque ad avere le stesse altezze e le stesse profondità delle cucine economiche (pari ad una altezza di circa 85 cm ed una profondità spesso di 50 cm) ed ad essere predisposti anche per alloggiarvi dentro il lavello, senza dover provvedere ad un suo sostegno tramite elementi in muratura. Nel contempo arrivarono i primi “pensili”, mobili da cucina appesi, disposti in posizione dunque molto ergonomica, in cui non tardarono a prendere posto sia lo “scolapiatti” che la “Cappa Aspirante”, un nuovo accessorio che consentiva una migliore salubrità dell’aria durante le fasi di cottura. Gli arredi erano a quel punto accostabili e coordinabili e possedevano già dei loro piani di appoggio, prima in lamiera e poi in laminato, che non erano ancora dei veri e propri luoghi di lavoro (la loro profondità, ridotta, li rendeva poco pratici) ma che cominciavano piano piano ad assumerne le caratteristiche. Furono gli anni della diffusione del Frullatore, del Macina caffè, del Tostapane e di tutti quegli accessori che da allora faranno sempre più parte integrante delle nostre vite. E fu probabilmente il loro uso, accompagnato anche dalle dimensioni obbligate di alcuni elettrodomestici come frigo, lavatrice e lavastoviglie, a suggerire di ampliare la profondità dei piani di lavoro a 60 cm, misura che è stata per numerosi decenni lo standard più universale per i piani di lavoro (anche detti TOP) di ogni cucina componibile.
Questa dimensione, per noi assolutamente ordinaria, fu infatti in verità un’innovazione degli anni ’70. Essa creava ovviamente un maggior contenimento dei mobili sottostanti (anche detti “basi”), ma permetteva anche una maggiore ergonomia degli arredi perché impediva agli utenti di urtare con la testa i pensili e consentiva quindi di utilizzare lo stesso per la preparazione dei cibi, senza doversi spostare sul tavolo. Gli arredi e gli elettrodomestici erano però ancora spesso elementi a sé stanti, tra cui si creavano delle fessure, più o meno grandi in cui erano destinati ad infiltrarsi sia sporco che umidità. In quegli anni, i Top da cucina erano costruiti quasi sempre in laminato e la loro caratteristica di essere costruiti come elementi separati, se da un lato permetteva una facile rimozione dei vari pezzi di cui era composta una cucina, dall’altro provocava spesso dei danneggiamenti dovuti soprattutto alle infiltrazioni di acqua e sporco che provenivano dal lavello e dalla cucina a gas. Fu così che, sull’onda di ciò che avveniva negli Stati Uniti e che arrivava in Italia tramite Cinema e Televisione, anche in Italia si iniziò a pensare ai piani da cucina non come un’entità integrata nei mobili bassi, bensì come ad un qualcosa a sè stante, da progettare singolarmente in maniera diversa per ogni singola Cucina Componibile.
I piani “unici” delle cucine sono perciò un’innovazione relativamente recente. La loro adozione si fa risalire più o meno agli anni a cavallo tra i ‘70’ e gli ’80 del secolo scorso ad opera di alcune industrie che riuscirono ad uscire dalla logica del mobile componibile completo, che fino ad allora aveva interessato gli arredi da cucina, per evolversi in qualcosa di più complesso ed essenzialmente migliore. Il concetto del “Top unico da cucina” si basa su di un principio fondamentale: una produzione a sé stante, che esula da quella dei componibili che formano la parte bassa della cucina, ma che completa la stessa e la arricchisce di valori tecnologici e pratici molto innovativi. La cucina con piano Unico si differenzia da quella “ad appoggio” per il fatto che il suo Top, non è un elemento componibile come tutti gli altri bensì un oggetto unico, fatto apposta per quella specifica cucina. Questo principio, che può sembrare a prima vista anche piuttosto banale, possiede invece una valenza progettuale del tutto fondamentale. Il Piano unico infatti per chi lo utilizza ha una marea di vantaggi: ottimizza gli spazi, impedisce le infiltrazioni, migliora l’uso delle superfici e chi più ne ha più ne metta.
Per chi lo produce e chi lo installa invece è una vera e propria “grana”. Lo sanno bene tutti quei mobilieri che negli anni sono passati da installare delle cucine dove i mobili bassi erano semplicemente delle “credenze” accostate, a delle vere e proprie “opere edili” in cui il Top, alla stregua di qualsiasi altro elemento architettonico, necessitava di una specifica progettazione e di un’altrettanto specifica installazione. Eppure al giorno d’oggi ogni cucina componibile che si rispetti possiede un piano unico che copre l’intera superficie delle sue “basi” e che non viene interrotto neppure dalla presenza di un lavello e degli elettrodomestici ad essa corredati. Questo è stato reso possibile grazie all’adozione dei cosiddetti “elettrodomestici da Incasso” i quali non sono altro che dei prodotti di consumo fatti apposta per essere inseriti nelle cucine componibili. Nel caso dei Top sono due gli elementi che vi vengono solitamente incassati ovvero il lavello ed il “Piano Cottura”. Nella pratica, per permettere al piano di mantenere intatta la sua bellezza, la sua integrità e soprattutto la sua praticità d’uso, vengono praticati sulla sua superficie dei fori della forma e delle dimensioni adeguate ad accogliere degli specifici oggetti (il lavello ed il piano cottura, appunto) i quali una volta opportunamente “incassati”, andranno ad aderire perfettamente al corpo del Top senza fessure o interruzioni di alcun tipo. I top ad incasso dunque sono dei piani, il più possibile unici e continui, i quali vengono solidamente uniti ad accessori detti “da Incasso” in maniera da non interromperne in alcun modo la superficie.
Ormai siamo abituati a pensare al Top delle cucine componibili come ad un elemento a sé stante che esula dal materiale da cui sono costituiti i mobili e dagli altri accessori che lo corredano. In realtà sarebbe invece più opportuno pensare al Top come all’insieme degli elementi Piano di lavoro, lavello e Piano di cottura, che singolarmente lo compongono. Intendiamoci subito: non stiamo in questo caso sollevando una questione di “compatibilità” tra questi tre così differenti elementi. Ormai l’uso e la pratica consolidata hanno condotto ad una tale standardizzazione delle produzioni che è veramente difficile trovarsi di fronte ad un top che non sia adattabile all’incasso di uno specifico lavello (purché sia “da incasso”) o di un altrettanto specifico Piano di cottura. La questione è più “formale” o sarebbe meglio dire “progettuale” e riguarda essenzialmente la posizione e le dimensioni degli accessori. Quante volte nella nostra lunga esperienza di progettisti ci siamo trovati di fronte a Top da cucina bellissimi in cui però la posizione di lavello e piano di cottura risultava del tutto impraticabile? E’ per questo motivo che un top da cucina, per essere ben fatto, deve essere progettato considerando nel contempo tutte le componenti della cucina; primi tra tutti, appunto, il lavello ed il piano cottura. La loro posizione si deve basare essenzialmente sull’ottimizzazione ergonomica che ogni cucina dovrebbe avere e tenere presenti alcuni fattori fondamentali che sono: la distanza tra lavello e piano di cottura, la loro disposizione all’interno del piano di lavoro e le loro misure. Un piano di lavoro infatti, per essere tale, non può limitarsi a contenere lavello e piano di cottura, ma deve lasciar liberi degli spazi in cui sia possibile preparare dei cibi e appoggiare degli oggetti. Per questo motivo gli accessori devono essere distanti tra di loro, ma solo quel tanto che basta da non rendere scomodo lo spostarsi tra una e l’altra delle zone funzionali di cui è composta la cucina.
In questa ottica sono tre le possibili disposizioni di un top da cucina a cui ci si può trovare di fronte: quella cosiddetta “a U”, quella “ad angolo” e quella “lineare”. In tutti e tre i casi l’obiettivo da raggiungere per ottimizzare l’utilizzo del Top è quello del “triangolo funzionale”, figura ergonomica immaginaria attraverso la quale i progettisti cercano di immaginare lo spostarsi disinvolto tra le tre funzioni principali della cucina: il lavaggio, la cottura e la conservazione dei cibi e delle stoviglie. Nel caso delle cucine ad “U” si opta di solito per un piano di lavoro che preveda da un lato il lavello e la lavastoviglie, da un altro il piano di cottura, interponendo tra di essi quelle zone libere di piano che sopra, servono per la preparazione dei cibi, mentre sotto fungono essenzialmente da contenitori. Più o meno la stessa cosa che si cerca di ottenere con i piani di lavoro angolari nei quali però, mancando il terzo lato del triangolo, è necessario immaginarne uno interposto proprio in prossimità dell’angolo stesso. Un discorso a parte lo meritano i piani di lavoro da cucina di forma lineare; in questi casi infatti la carenza di almeno due differenti lati grazie ai quali costruire il nostro immaginario “triangolo ergonomico”, viene sopperita attraverso un calcolo più accurato delle distanze che intercorrono tra le zone funzionali della cucina. Tutto questo al fine di disporre in maniera più precisa ed ergonomica la zona del top in cui lavare, quella in cui cucinare e quella in cui preparare i cibi e appoggiare le suppellettili.
Oltre al loro posizionamento, l’argomento riguardante l’incasso di Lavello e Piano di cottura all’interno dei top da cucina ci introduce anche un altro fondamentale tema: quello che obbliga chi sceglie il proprio piano di lavoro da cucina a farlo tenendo ben presente anche la natura e la forma del lavello e del piano di cottura che si ha intenzione di installarci. La loro scelta influenza infatti la riuscita o meno di un piano di lavoro sotto diversi punti di vista. Prima di tutto quello estetico, perché non vi è alcun dubbio che alcuni materiali ed alcuni colori si abbinano meglio tra di loro, e siccome solo con l’acciaio inox è possibile produrre un intero piano di lavoro nello stesso identico materiale in cui sono costruiti anche lavello e piano di cottura, questo è ovviamente un fattore da tenere nella massima considerazione. Poi vi è l’aspetto più essenzialmente “pratico” che assume bene o male la stessa importanza. Chiunque progetti cucine si sarà sentito chiedere prima o poi da qualche cliente, se è ad esempio possibile installare un lavello “da sottopiano” in un Top in laminato. In verità la risposta non è proprio univoca come si potrebbe immaginare e, come vedremo più avanti durante la nostra rassegna di Piani da cucina, esistono laminati che lo consentono. Questo esempio però racconta bene quanto la scelta di top, lavello e piano di cottura non può essere indipendente, ma deve essere invece considerata come parte di un unico progetto.
Nella nostra rassegna di lavelli che è possibile trovare a questo link https://griva.it/consigli-di-arredamento/ si troveranno una vasta serie di prodotti differenti sia per forma che per materiale. Ognuno di questi oggetti possiede dunque delle caratteristiche specifiche che lo contraddistinguono, proprio come accade per i piani di cottura. I più diffusi accessori di questo genere sono quelli prodotti in acciaio inox che non hanno grossi problemi di abbinamento e che possono essere dunque tranquillamente inseriti in ogni Top, senza comprometterne troppo l’estetica. Altri tipi però, sono invece realizzati in altri materiali ed in quel caso il loro colore gioca un ruolo fondamentale nella scelta del Top dove essi verranno incassati. Attualmente ad esempio, un colore molto in voga è il nero, realizzato in tutte le sue varianti che vanno dal nero assoluto al colore “antracite”, perché si abbina molto bene con le altre rifiniture attualmente di moda nelle cucine componibili. Un altro colore molto utilizzato per i lavelli ed i piani di cottura è anche il Bianco, che possiede delle caratteristiche piuttosto universali che si abbinano molto facilmente con i piani di lavoro e le cucine di colore chiaro.
Per farla breve, in linea generale si può tranquillamente dire che per la scelta di un top da cucina, occorre per prima cosa definire lo stile che si intende perseguire, individuare dopo un modello che possa essere piacevolmente adeguato al progetto e dopo di che, immaginare il tipo di piano di lavoro più idoneo al modello di cucina scelto facendo bene attenzione che quest’ultimo si adatti perfettamente anche al colore degli accessori (sempre lavello e piano di cottura) che vi verranno incassati. Come abbiamo detto poc’anzi, anche la loro forma influisce a volte pesantemente sulla loro scelta, ma di questo argomento avremo ben modo di parlare durante la nostra rassegna.
I fattori che determinano la migliore scelta di un piano di lavoro da cucina sono molteplici. Di alcuni di essi abbiamo già parlato, mentre di altri, forse anche più tecnici, avremo modo di ragionare durante la nostra rassegna. Vi è un fattore che risulta però imprescindibile da qualsiasi altro elemento discriminante e che non può non essere preso in considerazione in nessun caso, ovvero, quello economico. Come abbiamo visto fin dall’inizio, addirittura anche durante i nostri cenni storici, il top da cucina ha ormai assunto una valenza davvero predominante nella scelta di questa tipologia di arredo. Se ciò da un lato è dovuto senz’altro alle sue caratteristiche “pratiche”, dall’altro nessuno può fare a meno di notare la sua incidenza sull’aspetto economico di questo tipo di acquisto. Il top da cucina è infatti sempre relativamente costoso, qualsiasi sia il materiale con cui esso è realizzato. Il suo costo predominante è dovuto principalmente a due fattori: il valore economico della materia prima con cui è realizzato ed il suo costo di lavorazione. Circa il primo aspetto, non occorre dilungarci perché pare ovvio che il costo di ogni top dipenderà essenzialmente dal prodotto con cui esso è realizzato.
Invece sul secondo aspetto, quello relativo alla sua produzione, vale la pena spendere qualche parola. Come abbiamo visto infatti, la fabbricazione di un piano di lavoro da cucina esula abbastanza da quella degli arredi che sarà destinato a corredare. I mobili da cucina sono in verità degli elementi componibili che, pur essendo prodotti anche industrialmente “just in time” (cioè “a commessa”, a seconda della singola richiesta), mantengono pur sempre una standardizzazione tale da renderli un prodotto industriale costruibile in maniera relativamente facile. Il top invece no. Questo particolare tipo di manufatto, sia che venga fatto in maniera “artigianale”, sia che venga fatto a livello industriale, richiede ogni volta una progettazione ed una produzione specifica che presenta delle difficoltà molto caratteristiche. Tant’è vero che una sua reale “industrializzazione” richiede degli investimenti altissimi che molte aziende produttrici di cucine preferiscono spesso non fare, delegando ad altri buona parte delle proprie produzioni di top da cucina.
Al giorno d’oggi, quando si acquista una cucina componibile si acquista in realtà un complesso puzzle in cui ogni articolo deve essere perfettamente integrato agli altri. Nel caso del piano di lavoro questo puzzle è composto dalle misure dei singoli mobili bassi che compongono le basi della nostra cucina, dalle caratteristiche e le dimensioni della stanza in cui deve essere posizionata la stessa cucina e infine (come abbiamo visto) dalle peculiarità specifiche del lavello e del piano cottura che vi saranno inseriti. Una volta reperite tutte queste informazioni si procede, in maniera manuale o informatizzata, alla realizzazione di un vero e proprio progetto a 3 dimensioni del Top della cucina, in cui tutte queste indicazioni devono essere raccolte e rese intellegibili. A quel punto il progetto passa alla produzione che può essere artigianale (come ad esempio avviene spesso nel caso dei piani in Marmo o granito) oppure industriale.
In ogni caso si tratta di una procedura costruttiva che esula da quella che concerne la produzione dei mobili e che segue dunque altri canali. Al termine di tutto questo complicato processo il piano si troverà ad essere installato nella casa del committente e solo se ogni specifico passaggio sarà avvenuto in maniera esatta si otterrà il risultato voluto. Altrimenti, saranno guai. Bisogna tenere presente che moltissimi degli errori o dei reclami che riguardano gli acquisti di cucine componibili avvengono ancora oggi proprio relativamente ai piani di lavoro. E le complicazioni spesso aumentano con l’aumentare di tutte le nuove specifiche esigenze che arrivano continuamente dai consumatori. Tutto ciò fa sì che i costi relativi a questa tipologia di prodotto si assommino, fino a raggiungere i prezzi che si trovano normalmente sul mercato e che rappresentano sempre una notevole incidenza sull’acquisto complessivo. Tutto questo per dire che quando si tratta di Piani di lavoro da cucina non si può semplicemente veicolare la scelta seguendo esclusivamente aspetti qualitativi ma che è invece sempre necessario prima prendere in grande considerazione il relativo fattore economico. Che senso ha mettere uno splendido piano in ceramica su di una cucina dal valore di poche migliaia di euro? E perché dovremmo mai pensare di montare un piano di lavoro molto economico su di una cucina dal valore consistente?
Ma in fin dei conti, quali sono le peculiarità che contraddistinguono un buon piano da cucina?
Nel gergo dell’arredamento si definisce con l’inglesismo “Top” tutte quelle parti di mobile che ne costituiscono in pratica il “coperchio” ovvero l’elemento orizzontale che sta più in alto e che sta dunque al “top” della sua intera costruzione. Questo termine, nel caso delle cucine componibili, assume anche una connotazione di abbreviazione, in quanto la dicitura esatta in Italiano “piano di lavoro da cucina” risulta spesso troppo lunga per essere ripetuta ogni volta che se ne vuol fare un riferimento. Questo stesso termine può però assumere anche una diversa connotazione quando si considera questo elemento costruttivo delle cucine componibili come la loro zona funzionale più importante. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che il top è senza dubbio una delle parti più utilizzate e quindi più sollecitate dell’intero mobile in questione. Sul piano di lavoro si alloggiano il lavello ed il piano di cottura e quindi vi si cucina, vi si lava, ci si impasta, si taglia, si lavora e soprattutto si appoggia. Tutte queste sollecitazioni fanno sì che il piano debba possedere per forza delle ottime caratteristiche, grazie alle quali sia capace di resistere egregiamente all’utilizzo proprio che se ne fa. Ma quali sono queste qualità intrinseche che ogni Top da cucina deve per forza avere?
Partiamo innanzitutto da un’affermazione che non mancherà di deludere quella schiera di neofiti appassionati che, al fine di informarsi prima di acquistare la loro prima cucina componibile, partono a “spron battuto” alla ricerca della risposta alla sola domanda che sanno porsi, ovvero: “Qual è il miglior piano da cucina che si possa avere?” Ebbene, nonostante molti di loro stiano forse cercando tale risposta proprio qui, tra queste righe, ci troviamo costretti ad affermare che “il piano da cucina migliore del mondo” probabilmente non esiste, o almeno, certamente non esiste nei termini che intendono questi tipi di clienti.
Il fatto è che ogni prodotto in commercio possiede, bene o male, dei suoi pregi e dei suoi difetti e la qualità che tali manufatti sono capaci di esprimere non è sempre oggettivamente misurabile, ma dipende quasi esclusivamente dalla capacità di ogni singolo prodotto di soddisfare delle singole (quindi, soggettive) esigenze. Perché una cosa è certa: nonostante qualsiasi cosa possa raccontare un venditore o un produttore a proposito di Top da cucina, non esiste un piano che possa andar bene per tutti i clienti, così come non esiste un top indistruttibile e inalterabile nel tempo. Certo questi materiali, devono saper rispondere a delle sollecitazioni che, parlando di mobili da cucina, sono più o meno comuni a tutti.
L’umidità è una delle problematiche più rilevanti che possono interessare i Top da cucina e certamente forse quella più capace di creare danni ad ogni cucina componibile. Del resto, l’acqua è parte integrante di ogni cucina e chiunque si trova a preparare dei cibi e a consumarli deve per forza utilizzare questo bene così vitale. La necessità di difendersi dai danni che l’umidità può causare ai mobili è un fatto di straordinaria rilevanza. Nel top da cucina viene incassato spesso il lavello che è esso stesso ovviamente l’origine di quella umidità di cui stiamo parlando. Del resto lo sanno tutti: lavando piatti e stoviglie o riempiendo semplicemente dei contenitori di qualunque tipo, l’acqua può fuoriuscire dalle vasche e andare a bagnare le superfici circostanti. E’ dunque indispensabile che il piano da lavoro da cucina possieda sempre una superficie perfettamente impermeabile che non assorba nemmeno in minima parte l’acqua che può arrivare a toccarlo. Vi è poi il problema delle cosiddette “infiltrazioni” che in tema di cucine componibili sono una vera e propria “dannazione” o ancora meglio un problema quasi innominabile che diventa spesso la misura stessa della qualità di una cucina e delle sue componenti. Nel caso dei top da cucina le infiltrazioni possono essere causate principalmente da diverse cause.
Una, ormai piuttosto rara, può essere individuata nell’umidità di risalita o dalla condensa che alcune pareti sono capaci di restituire andando a danneggiare l’interno di quei Top (come quelli in laminato) che sono costruiti con materiali igroscopici ovvero capaci di assorbire l’acqua. Lo stesso problema però può interessare alcuni tipi di piani anche a partire dalle loro superfici, o sarebbe certo meglio dire, da tutte quelle giunzioni che interessano la parte superficiale del top stesso. Tra queste possiamo citare la giunzione esistente tra il top ed i suoi accessori (lavello e piano di cottura), quella che riguarda l’unione di due diversi pezzi dello stesso top e quella che può trovarsi in tutti quei top che necessitano di essere in qualche modo rifiniti tramite dei “bordi” attaccati al loro spessore. Ognuna di queste giunzioni deve venire infatti lavorata opportunamente in tutti i tipi di piani, ma deve essere trattata con un’attenzione ben maggiore quando ci si trova di fronte a materiali capaci di assorbire acqua al loro interno, come ad esempio il truciolare. Un altro caso tipico del danno che può essere causato dall’umidità è quello relativo al vapore che può sprigionarsi dalla lavastoviglie o dal forno. Anche in questo caso è ovvio quanto è indispensabile essere certi di poter contare su di un tipo di Top, che risulti davvero ben realizzato e che non si danneggi subito al contatto prolungato con questo tipo di fenomeni.
Vi è poi un altro punto molto delicato a proposito di infiltrazioni nei top da cucina, tanto da meritarsi addirittura un approfondimento a parte. E’ quello che riguarda il profilo posteriore della superficie orizzontale, ovvero quella parte del top che arriva a combaciare con la parete retrostante su cui è appoggiata. La fessura che si crea in quella parte di piano è infatti una delle più pericolose fonti di problemi di ogni cucina componibile. La questione è presto detta: come abbiamo più volte ribadito la cucina e un luogo umido e spesso molto bagnato. Se questa umidità fosse lasciata libera di diffondersi, uno dei posti in cui sarebbe più difficile rimuoverla sarebbe proprio nel punto in cui la cucina è a contatto con il muro. I danni che potrebbe provocare l’acqua se riuscisse a raggiungere la parte posteriore dei mobili sono facilmente immaginabili e vanno dal impregnamento dei materiali costruttivi, passando dalla rottura degli elettrodomestici incassati fino arrivare alla formazione di muffe patogene e batteri. Il compito di difensore della mobilia e della salubrità ambientale, spetta anche in questo caso al top che necessita di essere per questo perfettamente sigillato al muro, in maniera da evitare che l’acqua possa infilarsi dietro di esso. In questo difficile compito il top è però per fortuna quasi sempre coadiuvato da un altro elemento costruttivo, stavolta verticale invece che orizzontale, che aiuta moltissimo questa opera di chiusura ermetica.
Tale elemento, viene chiamato in gergo, a seconda delle sue dimensioni, Alzatina, Alzata, oppure Schienale. Si tratta in tutti e tre i casi di un elemento verticale, dotato solitamente di uno spessore minimo pari a circa due centimetri che, realizzato in un materiale attinente a quello del top serve per creare un profilo ulteriore di sigillatura ovvero una chiusura doppia. Una volta installato il top infatti si procede ad una prima sigillatura a muro, effettuata tramite prodotti appositi, poi si applica l’alzata (o alzatina che sia) e si procede ad altre due ulteriori sigillature, una in basso aderente al top stesso ed una in alto lungo il muro. In tal maniera si ottiene una chiusura sicura ed omogenea di tutto il profilo posteriore del top che, se fatta a regola d’arte, proteggerà da qualsiasi infiltrazione per lungo tempo. Questo listello verticale fino ad una altezza di 10 o 15 centimetri viene detto “alzatina” proprio per le sue dimensioni ridotte e per la sua posizione peculiare. Quando è invece più alto, ma non copre comunque completamente lo spazio esistente tra mobili bassi (detti “basi”) e quelli appesi in alto (ovvero i “pensili) viene denominato invece “alzata”. Quando con lo stesso materiale del piano di lavoro di una cucina si copre completamente anche lo spazio che solitamente è occupato dalle piastrelle del rivestimento del muro, si parla invece di “schienale” o di “paraschizzi”.
Quest’ultima configurazione, pur sembrando apparentemente del tutto simile alle due precedenti in quanto differisce da esse solo per le dimensioni, presenta delle caratteristiche e delle problematiche del tutto diverse. Sulla parete su cui viene appoggiata una cucina sono infatti solitamente presenti anche dei punti funzionali indispensabili, costituiti principalmente dalle prese e dagli interruttori elettrici “di servizio” e dal rubinetto del gas. In entrambi i casi si tratta di elementi architettonici fissi che nel caso si decida di corredare il nostro muro con delle piastrelle sono facili da gestire dimensionalmente, mentre, quando ci si trova a dover applicare tra basi e pensili uno schienale intero, presentano ovviamente delle difficoltà ben diverse. In questi casi è necessario infatti effettuare un rilievo molto esatto dei “servizi” presenti in parete in modo da poter preventivamente preparare lo schienale predisponendolo con degli appositi fori. Questi fori, di forma rettangolare o rotonda a seconda dei casi, dovranno essere infatti perfettamente allineati con la posizione dei singoli attacchi presenti nel muro, in maniera che tutto combaci perfettamente. Tutto questo comporta un lavoro non indifferente che aumenta di molto i costi di gestione e produzione dei top da cucina e ne comporta spesso un utilizzo molto meno comune e disinvolto.
Come per ciò che concerne il lavello e la lavastoviglie, anche gli altri elettrodomestici che producono calore, come il piano di cottura e il forno, sono da considerare tra i nemici del top da cucina. I problemi che essi possono causare direttamente però sono stati, nel tempo, risolti tramite dei miglioramenti tecnici che impediscono al calore prodotto da questi accessori di raggiungere in breve tempo il top. Il forno, ad esempio, possiede oggi giorno quasi sempre la cosiddetta “ventilazione tangenziale” tramite la quale si diminuisce di molto la quantità di calore che emana l’elettrodomestico all’esterno. Per quanto riguarda il piano di cottura, sia esso ad induzione o a gas, vengono prodotte delle specifiche protezioni isolanti che sono capaci di proteggere il top e la sua relativa alzatina. Quelli che possono invece essere considerati ancora come veramente pericolosi e frequenti sono i danni causati indirettamente dagli elettrodomestici. E’ il caso, molto comune e davvero frequente, della macchinetta da caffè appena tolta dal fornello e poggiata direttamente sul top; oppure quello dell’olio bollente cadutovi accidentalmente sopra o della teglia caldissima estratta dal forno e posata immediatamente sul piano per non scottarsi le dita. Ecco questi sono tutti esempi di situazioni, molto consuete in cucina, che sono spesso causa di danni irrimediabili su di un piano di lavoro.
Anche in questo caso, occorre sempre ricordare che se è pur vero che esistono materiali che reagiscono meglio a questo tipo di problemi, è altrettanto vero che è difficile trovare in commercio un materiale che sia capace di sopportare un calore superiore ai 200° (come avviene spesso per le temperature della macchinetta del caffè o delle pentole dal fondo spesso), senza che si modifichi, anche se minimamente, la propria superficie. A questo proposito è importante ricordare che, quando si utilizza lo stesso materiale del piano per realizzare delle alzate o degli schienali applicati al muro, è indispensabile che essi siano realizzati in materiali molto resistenti al calore, altrimenti, nella zona dietro al piano cottura potrebbero presentarsi delle pericolose bruciature, che possono essere evitate solo attraverso l’uso di speciali protezioni in metallo.
Ed eccoci infine ad alcune delle questioni più sentite da chi si trova a dover scegliere il piano di lavoro della sua nuova cucina componibile. Una delle preoccupazioni più frequenti è infatti quella di acquistare un piano che, nonostante l’uso intensivo che se ne può fare in cucina, possa dimostrarsi effettivamente molto resistente a urti, graffi e tagli. Il motivo di tale preoccupazione è piuttosto comprensibile: ognuno di noi se si immagina nella propria cucina intento a sfaccendare, si rappresenta mentalmente con il coltello in mano, oppure con la mezzaluna nel fare il battuto, quando non addirittura con in mano il matterello o il batticarne. Questi in effetti sono apprensioni del tutto lecite per chi si appresta magari a fare un acquisto da diverse migliaia di euro e pretende che il proprio “investimento” in mobili non perda il suo originale valore in poco tempo. Il fatto è che molto spesso si pretende purtroppo dai propri acquisti più di quanto essi sono capaci di darci.
Nella scelta di un buon piano di lavoro che sia molto resistente ad urti e graffi bisogna partire innanzitutto dal concetto, incontrovertibile, che non esiste un piano di lavoro che sia realmente indistruttibile e che, se mai esistesse, avrebbe sicuramente un costo talmente alto da rendere il suo acquisto impossibile per chiunque. Una volta accettata questa verità, e solo allora, si potrà oggettivamente andare a cercare quel tipo di Top che si ritiene possa essere più adatto alle nostre esigenze, facendolo però con l’esatta consapevolezza di quelli che sono i limiti e i pregi di tutti i materiali in commercio.
In verità, a meno che non ci si orienti verso cucine di basso o bassissimo costo, tutti i materiali utilizzati attualmente a questo scopo sono abbastanza resistenti. Anche il “laminato” che come vedremo più avanti rappresenta un po’ la base di partenza per chi acquista un top da cucina, ha assunto ormai delle caratteristiche di resistenza davvero notevoli. Non vi è dubbio che, come vedremo nella nostra rassegna, ci sono dei piani di lavoro che risultano essere ben più resistenti del migliore dei laminati, ma andando ad approfondire poi quelli che sono i reali utilizzi che si fa del top di lavoro in cucina e si pensa soprattutto a quelle che sono le accortezze che sono comunque necessarie per mantenere in buono stato anche il più duro e resistente dei materiali, ci si accorge che probabilmente, siamo di fronte ad un problema di “consapevolezza” più che di resistenza meccanica. Se si pretende, ad esempio, di poter fare il “battuto” direttamente sopra il nostro piano di lavoro senza usare un tagliere, oppure si crede di potervi utilizzare sopra un batticarne senza farvi troppa attenzione, ci si troverà sicuramente di fronte a cocenti delusioni. Se al contrario si penserà sempre a come e dove può essere più opportuno utilizzare il proprio Top da cucina senza causargli danni, ci si troverà sicuramente sempre molto meglio.
A proposito degli urti e delle rotture, ad esempio, ancora in pochi si sono resi conto che sono gli spigoli, i punti più suscettibili ad essere danneggiati. Sugli spigoli infatti si può sbattere con una pentola, una padella, un vassoio in ceramica e con oggetti talmente duri e pesanti che sarebbero capaci di danneggiare qualsiasi cosa. Se si vuole evitare questo tipo di problemi è necessario orientarsi verso materiali più elastici (come ad esempio l’HPL) oppure prevedere delle opportune lavorazioni che permettano di evitare questo tipo di problemi anche in materiali più duri, ma fragili, come ad esempio il Quarzo, il marmo, il granito e la Ceramica.
Questi ultimi eppure, sono materiali molto più duri e resistenti ai graffi ed ai tagli delle resine plastiche con cui è costruito L’HPL, ma nonostante questo se non trattati con la dovuta oculatezza possono risultare poco duraturi. Un caso eclatante è quello dell’incasso del lavello “sotto piano” ovvero di quei lavelli che, anziché essere applicati sulla parte superiore del top, vengono applicati alla sua superficie inferiore in modo da rendere meno visibili le loro vasche. Ebbene, anche utilizzando materiali durissimi, come il quarzo o la Ceramica, i bordi superiori al lavello -che sono formati dal foro che viene fatto nel piano per alloggiarlo- sono molto facili a rompersi ed a sbeccarsi quando si lavano le pentole e le stoviglie più grandi. Per questo motivo nell’acquisto di una cucina è bene affidarsi a dei professionisti capaci di mettere in guardia i clienti in merito a queste problematiche, perché altrimenti ci accorgeremmo troppo tardi delle errate scelte che ci troveremo nostro malgrado a fare.
Un altro dei problemi più mal tollerati a proposito dei Top da cucina è quello delle macchie e dello sporco che possono depositarsi sulle superfici.
Una volta questo tipo di problema era meno sentito perché si faceva meno attenzione alla pulizia ed alla salubrità degli ambienti, adesso invece è diventa una questione di primaria importanza i cui presupposti possono rappresentare una delle discriminanti di scelta di un Top da cucina. Ai piani di lavoro da cucina di un tempo del resto, essendo essi spesso di legno e quando andava bene di marmo, si dava poca importanza e a meno di trovarsi in situazioni di sporco davvero intollerabili, ci si limitava a togliere quello più facilmente rimovibile tralasciando quello più ostinato. Adesso, per numerose ragioni che non è necessario star qui ad elencare ma che vanno dalla perfezione estetica dei prodotti alla diffusione di nuove malattie, siamo andati nella direzione opposta, ovvero verso la ricerca di un’igiene massima e di una perfetta pulizia estetica. Oggi, chi sarebbe disposto ad accettare una macchia di limone su di un bel piano di marmo o una chiazza chiara ed opaca nel mezzo di un bel Top in quarzo nero lucido? Si tratta di una di quelle situazioni in cui la conoscenza dei materiali può essere molto utile e quindi cercheremo a questo proposito di fare in questo articolo il massimo della chiarezza. Partiamo da un concetto indiscutibile, ovvero dal fatto che un piano di lavoro da cucina, per essere considerato buono deve essere impermeabile e che quindi non deve essere capace di assorbire liquidi o inglobare dello sporco sulle sue superfici.
Detto questo è facile però immaginare come vi siano dei prodotti che possiedano una minore assorbenza ed altri che, ovviamente, siano più soggetti a trattenere dello sporco. Alla stessa maniera dovrebbe essere altrettanto comprensibile il fatto che, una cosa può essere considerato lo sporco che rimane depositato sopra una superficie, ed un’altra quello che riesce a penetrare nella materia fino a diventarne addirittura parte. Per ciò che concerne il primo caso, è bene o male sufficiente scegliere dei materiali che abbiamo delle superfici talmente ruvide e rugose da rendere difficoltosa la pulizia. Il secondo caso invece è un po’ più complesso da trattare e dipende sia dal tipo di piano che si sceglie che dalle lavorazioni che, su questo stesso piano, sono state effettuate per ridurre al minimo la sua porosità.
Questo aspetto in cucina è molto importante perché sono davvero tante le sostanze che possono causare delle macchie non rimovibili, essendo in grado di penetrare nella stessa sostanza di cui è costituito il piano. E’ il caso ad esempio dell’olio, del vino, dei colori della frutta, dell’aceto, del limone e di tutti quei liquidi che, a differenza dell’acqua, una volta evaporati sono capaci di lasciare residui. Per fortuna i piani di lavoro da cucina dotati di una superficie impenetrabile dai liquidi sono davvero molti, ma non lo sono certamente tutti e dunque è indispensabile conoscere le diverse caratteristiche di ognuno di essi e i diversi tipi di trattamenti a cui vengono sottoposti. Cosa che vedremo singolarmente durante la nostra lunga rassegna.
Sono in gergo chiamati “piani di lavoro in laminato” quei Top da cucina formati da un pannello di Truciolare (detto anche Pannello in particelle di legno) rivestito da un lato da uno strato carta impregnata di resina melaminica di spessore variabile dai 0,5 ai 1,5 mm, che forma una robusta protezione al materiale sottostante. Il lato inferiore e posteriore, quelli cioè che restano rispettivamente a contatto diretto con i mobili e con il muro sottostante, vengono solitamente rivestiti con una sottile pellicola di carta impregnata, mentre il profilo frontale può essere ricoperto con un nastro di ABS (Acrilonitrile butadiene stirene) dello stesso colore del piano, oppure con il proseguimento della stessa pellicola protettiva superiore. E’ certamente il piano di lavoro attualmente più diffuso e più venduto, in quanto le sue caratteristiche tecniche lo fanno annoverare certamente tra quelli che hanno un ottimo rapporto qualità/prezzo.
La sua produzione avviene in maniera quasi sempre industriale, partendo da dei pannelli truciolari di dimensioni standard (detti in gergo “barre”) che possono variare per dimensioni ma che sono prodotti per la maggior parte in misure di 60/65 cm di profondità e di 3/4 metri di lunghezza. Il loro spessore può variare dai 2 agli 8 cm a seconda degli usi che se ne intende fare e del tipo di cucina con cui si deve completare. Una volta tagliate con le misure volute, le barre di truciolare vengono rivestite da tre o quattro lati con le superfici protettive apposite ed immagazzinate dividendole a seconda dei tipi di colori e di decori che presentano in superficie. Il loro aspetto esterno può infatti variare molto e si possono trovare barre con rivestimenti che a seconda dei casi simulano il legno, il marmo, la pietra, il metallo, ma ne esistono anche di quelli semplicemente colorati in tinta unita, che non simulano nient’altro che la loro bella superficie plastica.
Una volta stoccate le barre rivestite vengono prese per essere lavorate in “just in time” ovvero sono rimesse in lavorazione solo ogniqualvolta un cliente richiede quello specifico modello di Top. La lavorazione viene quasi sempre svolta da macchinari a controllo numerico i quali, una volta ricevuto il progetto specifico del piano richiesto, lo lavorano tagliandolo a misura e producendovi i fori necessari per l’incasso di piano di cottura e lavello. Appena tagliato e lavorato il piano passa alla fase di bordatura (quando la tipologia lo necessita) che una lavorazione tramite la quale il profilo anteriore e quelli laterali “a vista” (ovvero che non combaciano con altri piani dello stesso tipo in soluzione continua) vengono rivestiti con dei nastri in ABS (detti appunto “Bordi”) che servono per rifinire ottimamente le parti di piano che altrimenti rimarrebbero grezze. Tale procedimento avviene tramite dei collanti, quasi sempre applicati “a caldo” che una volta essiccati, uniscono solidamente il bordo al profilo del piano che devono rifinire. Quando è ormai approntato e rifinito, ogni piano viene poi imballato per essere spedito insieme alla cucina componibile che dovrà corredare.
Dal punto di vista delle sue caratteristiche tecniche, la qualità di un piano in laminato dipende essenzialmente da tre fattori: la resistenza della sua superficie superiore di rivestimento, la ridotta capacità igroscopica del suo pannello di supporto in truciolare e la robustezza del suo bordo laterale e frontale. Per valutare il primo aspetto è necessario conoscere almeno un poco quelle che sono le caratteristiche della lamina di rivestimento, la quale è realizzata sovrapponendo una all’altra delle carte impregnate di resine plastiche melaminiche fino al raggiungimento dello spessore desiderato. Maggiore è tale spessore e solitamente migliore è, di conseguenza, la resistenza di questo tipo di lamina. Vi sono però anche altri fattori che influiscono sulla sua qualità. Uno di questi è la posizione della cosiddetta “carta decorativa” all’interno della stratificazione. Si tratta in pratica del “disegno” superficiale che dona al piano in laminato il suo aspetto definitivo e che, come abbiamo visto, può variare dall’effetto legno all’effetto pietra, passando da un’innumerevole serie di altri decori. In un top in laminato di buona qualità questa sottilissima pellicola deve essere posta in maniera da non essere troppo vicina allo strato esterno, per evitare che si danneggi facilmente, ma anche non troppo lontano da esso per evitare che se ne perda l’effetto decorativo. Attualmente i migliori piani di laminato sono quelli in cui la carta decorativa è coperta da uno robusto strato melaminico trasparente che simula l’effetto “3D” del materiale che intende simulare, sia esso legno, metallo o pietra. Questo strato diventa a quel punto una superficie rugosa e screziata dotata di grandi proprietà “anti-graffio”, grazie al suo elevato spessore (necessario per poterci applicare gli effetti di venature e rugosità) ed al suo già naturale aspetto “variegato” su cui è veramente difficile scorgere un graffio.
La pulizia di questi piani va effettuata tramite una spugna bagnata con un normale detergente liquido, evitando l’uso di strumenti aggressivi, come le pagliette in acciaio o le spugnette molto abrasive, capaci di rigare e danneggiare la sua superficie. E’ fortemente sconsigliato anche l’utilizzo di prodotti chimici molto forti quali solventi, candeggina, acidi ecc. che potrebbero provocare decolorazioni e danneggiare irrimediabilmente il piano andando a modificare la resina melaminica superficiale. Per la rimozione delle macchie più ostinate dai piani in laminato, a seconda della natura dello sporco, è consigliabile perciò utilizzare prodotti e metodi mirati per rimuovere le macchie più difficili e consistenti. In questi casi, prima di procedere con la pulizia di un piano in laminato, è assolutamente necessario visualizzare e capire bene quale tipo di sporco ha contaminato la superficie e in che modo rimuoverlo. A quel punto è consigliato partire sempre da una piccola porzione del top per valutare il risultato e procedere poi con l’intera area interessata. Nonostante la loro innata resistenza le superfici decorative dei laminati devono essere utilizzate con la stessa cura dedicata alle altre superfici comuni degli arredamenti da interni.
Esaminiamo alcuni specifici casi di sporco ostinato:
Per l’inchiostro, le macchie da pennarello indelebile e lo smalto per unghie sui top in laminato è opportuno utilizzare un solvente aromatico apposito non aggressivo, come l’acetone o in generale i solventi per smalto che si trovano in profumeria; dopo di che occorre usare una spugnetta imbevuta con acqua calda fino a 35-40°C e sapone delicato, lasciando magari agire qualche minuto prima di provvedere al risciacquo.
Per la ruggine è solitamente sufficiente usare i detergenti contenenti esclusivamente acido acetico o acido citrico al 10%, risciacquando con abbondante acqua calda. In casi estremi si possono usare anche i prodotti antiruggine appositi che si trovano in commercio, usandoli però con molta attenzione, provandoli magari prima in zone non visibili del piano e per poco tempo.
Per i colori a olio sintetici si può utilizzare l’Acqua Ragia oppure il solvente al sintetico, successivamente sciacquando con un prodotto sgrassante diluito in acqua calda fino a 35-40°C
Anche per la vernice Nitro si può utilizzare l’acetone o, solo nei casi più difficili, i solventi “Nitro”, facendo però molta attenzione a limitare la pulizia alla sola zona macchiata. Dopo di che è necessario sciacquare con acqua calda e sgrassante.
Per la Vernice spray a base acrilica e la tempera acrilica da disegno più o meno si devono tenere le stesse precauzioni. Per entrambi i prodotti è sufficiente di solito pulire la macchia fresca con acqua calda, nel caso però delle vernici spray è opportuno prima leggere le apposite precauzioni di pulizia scritte sulla bomboletta e, se necessario, utilizzare il solvente indicato. Per le macchie secche e più datate si può, anche in questo caso, utilizzare l’acetone o, solo nei casi più difficili, i solventi “Nitro”, facendo sempre moltissima attenzione a limitare la pulizia alla sola zona macchiata e verificando di frequente gli effetti della pulitura. Dopo di che è necessario sciacquare con acqua calda e sgrassante.
Per la cera di candela, nel caso in cui le macchie siano già indurite, occorre prima provare a rimuovere il materiale mediante un panno caldo e delle spatole in legno o in plastica morbida, in modo da non causare graffi. Dopo di che sarà eventualmente sufficiente premere sopra al poco prodotto rimasto, una salvietta di carta applicandovi contro un ferro caldo per qualche secondo.
Per rimuovere la colla tipica degli adesivi e delle etichette è necessario togliere prima lo strato superficiale in carta o in plastica eventualmente rimasto. Successivamente si può applicare sopra la colla rimasta attaccata uno strato di Spray lucidante per mobili (come ad esempio il “Pronto”), lasciandolo agire per 10 minuti in modo che sciolga la colla. In alternativa si può usare acqua ragia o diluente sintetico e dopo sciacquare con acqua calda e un prodotto sgrassante.
In caso di calcare ostinato è consentito l’utilizzo di aceto da cucina nella parte interessata, lasciandolo agire per massimo 5 minuti e risciacquando abbondantemente subito dopo. Se il calcare persiste ripetere l’operazione. E’ sconsigliato l’utilizzo di anticalcare concentrato (es. Viakal) perché il deposito prolungato dello stesso danneggia il laminato.
A parte questi specifici casi, sulla superficie di questa tipologia piano costituita internamente in truciolare, è bene non lasciare mai alcun liquido depositato sul piano per lungo tempo. Tali sostanze, infatti, pur non potendo probabilmente danneggiare la sua superficie superiore impermeabile, potrebbero comunque raggiungere le giunture ed i bordi, provocando rovinosi rigonfiamenti, anche su quei piani in cui sono utilizzati truciolari cosiddetti “idrorepellenti”. Il truciolare è infatti un materiale in ogni caso estremamente igroscopico e per questo teme l’umidità più di qualsiasi altra cosa.
Per ultimo un’annotazione importante circa la forte suscettibilità al calore di questi piani, sia nella sua forma umida che secca: su di un piano in laminato non si possono appoggiare direttamente pentole calde o ferri da stiro o qualunque altra fonte di calore, onde evitare bruciature, vescicole e screpolature del laminato. Inoltre essendo un materiale molto sensibile al vapore, per chi sceglie questi piani è necessario utilizzare la lavastoviglie in modo che durante la fase di apertura non sprigioni vapore acqueo troppo caldo o in eccessiva quantità.
Quando si parla di Piano di lavoro in laminato si intende in verità una miriade di prodotti differenti per natura e morfologia che in linea di massima possono essere suddivisi nelle tipologie che tratteremo qui di seguito:
Si tratta di piano di lavoro composto come gli altri da un pannello di particelle di legno classe (E1) quasi sempre idrorepellente, rivestito da un laminato ad alta pressione (HPL anche questo), che pur essendo molto resistente al graffio, al calore, alle macchie, all’urto e all’abrasione, possiede uno spessore ridotto che gli consente di essere “Post-formato”. Attraverso questo tipo di lavorazione la lamina superficiale che protegge il truciolare non si interrompe in corrispondenza del profilo frontale del piano, ma prosegue evitando in questo modo l’applicazione di un ulteriore bordo in ABS sul frontale.
L’effetto ottenuto è quello di un piano dal profilo arrotondato che si abbina particolarmente bene alle cucine dal design un po’ più decorativo. E’ bene precisare che la mancanza del bordo frontale riportato non costituisce però un indice assoluto di maggiore qualità, perché la lavorazione della Post-formatura (ovvero della curvatura della lamina superiore anche sul profilo frontale), obbliga ad utilizzare solo lamine melaminiche dallo spessore molto esile e quasi mai superiore ai 5 decimi di millimetro.
Anche questo è un piano di lavoro composto da un pannello di particelle di legno, solitamente idrorepellente, rivestito da una lamina ad alta pressione (HPL), molto resistente, che è formata da 5 strati di fibra di cellulosa impregnata di resina melaminica. A differenza dei piani post-formati, che presentano i bordi arrotondati, questo materiale viene però prodotto in “barre” (di diverse dimensioni) aventi inizialmente entrambi i profili grezzi. In una lavorazione successiva, viene applicato al bordo frontale un nastro di Abs (Acrilonitrile butadiene stirene) tramite degli speciali collanti che vengono applicati con procedimenti “a caldo”. Essendo L’ABS un tipo di plastica molto resistente agli urti, ma allo stesso tempo elastico e malleabile, questo “nastro” applicato come rifinitura dona al profilo del Top una protezione ideale sia dal punto di vista dell’estetica che della praticità.
Il Piano bordato in ABS si presenta infatti con un design molto pulito, minimale, ed estremamente adatto ad essere costruito con gli spessori più sottili (come il 2 cm) sia quelli più grossi come l’8 cm. In quanto alla sua resistenza all’uso, le prestazioni di questo piano dipendono essenzialmente dagli spessori dei suoi rivestimenti superiori in resina melaminica, i quali variano da un minimo di 7 decimi ad un massimo di 1 mm, mentre per il bordo si aggirano sempre intorno al millimetro. Anche per questo tipo di top, come per gli altri, sono valide più o meno le stesse precauzioni d’uso che consigliano di limitare l’uso di agenti aggressivi e di tenere il piano di lavoro al riparo delle forti fonti di calore e dall’umidità. Commercialmente parlando si tratta di uno dei piani di lavoro attualmente più diffuso soprattutto grazie al suo ottimo rapporto qualità-prezzo, ma non si può negare che anche i miglioramenti estetici e tecnologici che hanno interessato questo prodotto così popolare, hanno senza dubbio contribuito a aumentare ulteriormente la sua già ampia diffusione.
Questo piano di lavoro è sempre del genere costruito su di un pannello in truciolare, ma tale supporto viene in questo caso rivestito da una speciale lamina chiamata appunto Unicolor che possiede uno spessore di ben 1,2 mm, realizzato ad alta pressione (HPL), in cui il colore di rifinitura è uniformemente distribuito su tutto lo spessore della lamina. Questo peculiare aspetto di uniformità della struttura di rivestimento è ottenuto utilizzando carte decorative e delle resine melaminiche aventi lo stesso colore. Il top laminato Unicolor, in quanto colorato uniformemente in tutto il suo spessore, possiede quindi la proprietà di non lasciare intravedere cambi di colore qualora venga graffiato o danneggiato superficialmente. La sua grande resistenza è però dovuta principalmente alla sua amalgama. Tale materiale è infatti composto a base di fibra di cellulosa colorata (pari a circa il 60-70% del totale), e impregnata con resine termoindurenti (30-40%) legate insieme tenacemente grazie all’azione combinata di calore (>=120° C) e alta pressione (>=5Mpa). Questo procedimento, svolto in speciali presse per un tempo determinato e variabile in funzione della tipologia di laminato, dà vita ad un materiale stabile, omogeneo, non poroso, ad alta densità, dunque dotato di caratteristiche fisiche e chimiche che lo rendono particolarmente adatto all’uso in cucina.
Grazie alla sua bassissima permeabilità, l’elevata compattezza e la poca porosità della resina melaminica di cui è composto, infatti, esso non viene superficialmente intaccato dai liquidi, dagli alimenti e dagli agenti chimici comunemente usati in ambito domestico. L’HPL non reagisce con queste sostanze e, essendo molto compatto, costituisce una vera e propria barriera contro le micro-emissioni di formaldeide, la crescita di batteri, muffe, funghi e altre sostanze volatili eventualmente provenienti dai substrati in legno che riveste. Per ciò che concerne la sua pulizia, la superficie in HPL dei piani Unicolor non richiede una manutenzione particolare: è sufficiente un panno umido con acqua calda unita a tutti i normali prodotti detergenti o disinfettanti domestici esistenti in commercio, purché non siano abrasivi o fortemente alcalini.
Quando si usano solventi essi devono essere diluiti e il panno utilizzato deve essere perfettamente pulito in modo da non lasciare aloni sulla superficie dell’HPL; gli eventuali segni possono comunque essere rimossi sciacquando con acqua calda e asciugando. Per la pulizia di questi piani è opportuno evitare i lucidanti per mobili e, in genere, i detergenti contenenti “cera” perché possono formare uno strato appiccicoso a cui aderisce lo sporco; molto meglio usare dunque a questo scopo degli opportuni prodotti “sgrassanti”, che sia efficaci, ma che non contengano solventi aggressivi.
Fenix è un marchio brevettato che viene prodotto in Italia dal 2013 dall’azienda Arpa. Esso differisce sostanzialmente dal normale laminato poiché ai 5 strati di fibra di cellulosa impregnata di resina melaminica che rivestono un tradizionale top da cucina, se ne va ad aggiungere un sesto, insieme agli altri indurito e fissato attraverso un processo denominato “Electron Beam Curing”, che è in grado di dare a questo top alcune specifiche caratteristiche. Detto in parole semplici il processo produttivo del rivestimento avviene per il 60% tramite l’usuale termo-laminazione ad alta pressione, mentre per il restante 40% si utilizzano delle nanotecnologie che lo rendono più resistente di un normale laminato a graffi ed abrasioni. Il Top in Fenix presenta infatti una superficie estremamente opaca, morbida al tatto, anti-impronta e dotata di una particolarità unica: la riparabilità termica ai micro-graffi superficiali.
Si tratta quindi di un prodotto ad alte prestazioni e che è capace di donare ad un ogni cucina un aspetto estremamente attraente e moderno, molto simile a quello che sanno offrire alla vista solo le preziose superfici “laccate” dei mobili più pregiati. Oltre a questo i piani di lavoro Fenix, essendo rivestiti con un materiale innovativo ottenuto con l’ausilio di resine termoplastiche di ultima generazione, possiedono una superficie che si “auto-ripara” grazie all’utilizzo delle nano-tecnologie applicate. La facciata decorativa di questi top si presenta infatti tecnicamente come “estremamente chiusa” e assolutamente priva anche delle più microscopiche porosità. In virtù di queste sue speciali caratteristiche i piani Fenix offrono dunque una bassa riflessione della luce, sono Anti-impronta, resistenti ai graffi, allo strofinamento e all’abrasione oltre che facili da pulire. La loro superficie compatta inoltre gli rende particolarmente igienici, dunque idonei al contatto con gli alimenti, idrorepellenti e anti-muffa. Anche il Fenix è un tipo di top “placcato”, cioè costruito rivestendo un pannello in truciolare idrorepellente e “bordando” lo stesso sui lati a vista con un nastro di polipropilene (Abs) in spessore 1 mm in tinta con la superficie.
Il Fenix è un materiale che non richiede particolare manutenzione. Per la sua normale pulizia è dunque sufficiente passare un panno inumidito con acqua tiepida mentre, per rimuovere le macchie di modesta entità che sono usuali in cucina come quelle di vino, carne, aceto, olio e grasso, è invece solitamente sufficiente utilizzare un panno non abrasivo, imbevuto di acqua calda con l’aggiunta di un detergente delicato e sgrassante. Per le macchie più ostinate e particolari si possono invece utilizzare gli stessi metodi indicati per tutti gli altri tipi di piano in laminato nel paragrafo iniziale riguardante tale argomento.
Affrontiamo adesso quello che è sicuramente l’aspetto più peculiare di questa tipologia di piano ovvero il sistema esclusivo con cui è possibile riparare i micro-graffi superficiali sulle ante e sui top cucina realizzati in Fenix, detto anche Termo-riparazione. Innanzitutto è bene chiarire che questa specifica caratteristica del rivestimento Fenix, non riguarda tutti i tipi di graffio e, più in generale, tutti i tipi di danni che possono interessare un top da cucina, ma è relativa esclusivamente ai cosiddetti “micro-graffi”, ovvero quelle abrasioni di leggera entità che possono essere provocate, ad esempio, strusciando fortemente sul piano un piatto in ceramica o oggetto ruvido in metallo. La termo-riparazione avviene infatti tramite una sorta di “scioglimento superficiale” (anche se la definizione non è del tutto esatta) grazie alla quale la superficie che viene a contatto con il calore “umido” si auto leviga, rigenerandosi ed in qualche modo lisciando la parte di superficie resa irregolare da un suo uso improprio.
Questo chiarisce abbastanza quanto la “termo-riparazione” del Fenix non sia dunque efficace sui graffi profondi e sui tagli che possono a volte essere provocati su di un piano da cucina. Bisogna però capire che la splendida superficie di questi top, apparendo molto compatta, unita, opaca e dall’aspetto “setoso”, pur essendo davvero resistente, rende molto visibili i micro-graffi superficiali che possono coinvolgere ogni piano di lavoro e ciò rende la sua Termo-riparabilità superficiale una proprietà estremamente utile. Ne è la prova il fatto che questo Top, nonostante il suo prezzo abbastanza più alto di quello che in media possiedono i piani di lavoro in Laminato, ha avuto e continua ad avere un grande successo tra il pubblico, che ne apprezza le sue doti sia estetiche che pratiche.
Eliminare i piccoli graffi dal Fenix è abbastanza facile e si possono seguire due possibili strade, ovvero la riparazione attraverso un ferro da stiro o quella effettuata mediante la “Spugna Magica”. Nel primo caso, e cioè per mettere in pratica questa famosa Termo-riparazione, è sufficiente seguire tre semplici passaggi: Collocare un foglio di carta da cucina inumidito d’acqua sulla zona in cui sono presenti i graffi. Poi appoggiare il ferro da stiro caldo sull’area da riparare, facendo attenzione a non mantenere il ferro da stiro sulla superficie per più di 10 secondi in modalità alta temperatura (modalità bassa temperatura: max 30 secondi). Dopo di che basterà ripulire delicatamente l’area riparata con un panno in microfibra e acqua tiepida. Per quanto riguarda invece la Spugna Magica, si tratta di una spugnetta melaminica molto compatta che si trova in commercio di numerose marche la quale, pur essendo lievemente abrasiva, è in grado di levigare e pulire le superfici senza mai danneggiarle. Per il suo uso, è sufficiente strofinarla sulla zona in cui sono visibili i micro-graffi fino alla loro scomparsa. La spugna può essere utilizzata sia asciutta che leggermente inumidita e può risultare molto utile anche per la pulizia di quelle parti della cucina, come il lavello ed il piano cottura, le cui superfici possono essere facilmente danneggiate dall’uso di spugnette abrasive.
Ed eccoci giunti a una tipologia di top che, pur essendo a tutti gli effetti annoverabile solo nella categoria dei top in Laminato, ha ben poco in comune con essi, se non il suo rivestimento esterno. Il Piano in Hpl (high pressure laminate) non è infatti costituito da un pannello di particelle di legno (truciolare) ricoperto con una lamina plastica come tutti gli altri laminati, bensì è composto per intero dallo stesso materiale di cui è fatta la sua superficie. Il top stratificato HPL è infatti costituito esclusivamente da strati sovrapporti di fibra di cellulosa particolarmente robusta detta “Carta Kraft” (la stessa con cui si costruiscono i sacchi per il cemento o la farina), impregnata con resine termoindurenti dette “amino-plastiche”. Il prodotto finito si ottiene grazie a un processo ad alta pressione (9 MPa) e ad alta temperatura (150° C) che avviene in speciali presse multi-vano, in cui un procedimento chimico-meccanico detto “policondensazione” unisce le resine e le fibre in un modo talmente forte e tenace da ricavarne un materiale, elastico ma indistruttibile, internamente ed esternamente non poroso e quindi impermeabile, ma soprattutto dotato di resistenza generale agli urti (compressione) ed alla flessione che è rintracciabile in pochi altri materiali. Il materiale nudo si presenta in se come una massa molto compatta, ma dall’aspetto filamentoso, di colore solitamente nero o marrone. Sono però disponibili tantissime diverse finiture superficiali che, proprio come avviene per gli altri tipi di laminati, si ottengono tramite l’applicazione sugli strati più superficiali di alcune carte decorative colorate, che vengono impregnate di resina e compresse anch’esse, formando un corpo unico con gli strati sottostanti. Anche di questo tipo di piani esistono infatti delle versioni che simulano le venature del legno, le screziature della pietra, la lucentezza del marmo e la superficie dei metalli più belli.
Questo materiale viene prodotto industrialmente in numerosi spessori tra i quali i più utilizzati in arredamento vanno dai 5/6 mm, adatti per la realizzazione di ante, fino ai 1,2 cm impiegati di solito per i piani. A seconda del tipo di profilo che rimane a vista (quello che mostra appunto il suo spessore), l‘HPL, può essere suddiviso in quattro categorie. La prima è quella in cui il materiale interno, di colore nero o marrone, essendo già estremamente compatto, rimane a vista, privo cioè di qualsiasi tipo di rifinitura. Un’altra tipologia ha invece il proprio profilo sempre a vista, ma in tinta col rivestimento (detto “cuore in tinta”) e si distingue dalla precedente perché la carta e la resina utilizzate per l’anima del materiale sono realizzate nello stesso colore del decorativo superficiale, così da rendere omogeneo il piano anche sul bordo.
Vi è poi una terza tipologia di bordo, in cui al profilo rimasto a vista, viene applicato un nastro in ABS, dello stesso colore della superficie, proprio come avviene con la maggior parte dei piani in laminato. L’ultimo tipo è quello che rende possibile la produzione di piani che, pur essendo sempre costruiti in laminati stratificati di spessore 1,2 cm, possiedono un profilo che appare di spessore “maggiorato” al fine di rendere più evidente il loro aspetto. Questo tipo di piani in HPL può essere costruito in due modi. Nel primo, tramite una sorta di “scatolatura”, si applica un bordo frontale dello stesso materiale dell’altezza pari allo spessore che si intende simulare (ad esempio 4 o 6 cm). Nel secondo caso invece si procede applicando in prossimità del bordo frontale del top una specie di “ringrosso” in multistrato che, una volta unito solidamente al top, viene poi “bordato” tramite l’applicazione di un nastro in ABS dello stesso tipo di quello usato in genere per tutti i piani in laminato.
Lo stratificato HPL è un tipo di top che, grazie alla sua grande duttilità dimensionale, permette di avere top di misure e forme finora non consentite da altri materiali simili e di ridurre per questo giunzioni e tagli. Per effetto di fenomeni naturali, quindi, lo stratificato HPL subisce una moderata variazione dimensionale: si contrae comunque leggermente in presenza di bassa umidità e si espande davvero poco in presenza di alta umidità. L’omogeneità e l’alta densità dei pannelli garantiscono inoltre un’elevata resistenza all’estrazione degli elementi di fissaggio, quali viti o inserti.
La caratteristica però probabilmente più interessante di questo materiale è quella che gli consente di ridurre davvero al minimo i possibili danni causati dall’acqua, dal vapore e dall’infiltrazione degli oli, nel suo uso in cucina. La sua compattezza e impermeabilità sono infatti tali da consentire addirittura la realizzazione di vasche integrate squadrate nella stessa finitura del top, nonché l’inserimento di lavelli filo-top e sotto-top, cosa che non è invece possibile (o è comunque quasi sempre sconsigliata) con tutti gli altri tipi di top in laminato. Da non dimenticare inoltre è il fatto che con l’HPL è possibile l’installazione di piani cottura filo-top ed ad induzione, mantenendo la temperatura del top bassa, grazie alla sua ridottissima trasmissibilità termica che gli permettono di non soffrire di particolari shock termici e di lasciare per questo inalterate le sue proprietà fisiche e meccaniche.
Riassumendo possiamo senza dubbio dire che principali vantaggi del top stratificato HPL sono rintracciabili nelle sue caratteristiche di materiale non poroso che, grazie proprio alla sua impermeabilità non permette la formazione di muffe e/o batteri e si rende particolarmente adatto all’utilizzo a contatto con gli alimenti e con i liquidi. E’ un prodotto resistente ai graffi, agli urti, all’abrasione e all’usura che, possedendo un’alta resistenza anche agli agenti chimici e organici è facile da pulire, atossico e perfettamente compatibile con l’ambiente durante il suo ciclo d’uso. Da tenere però nella massima considerazione è il fatto che tale materiale è termoresistente fino a 170° e questo obbliga ad un uso accorto della sua superficie, specie in quelle zone (come ad esempio le sue vasche integrate) in cui può essere facile poggiare delle stoviglie molto calde o versare dell’olio bollente. Al pari degli altri tipi di laminato dunque, anche per l’hpl sono valide quelle accortezze che permettono di non provocare aloni, bruciature, ustioni e rigonfiamenti sulla sua superficie.
Occorre dunque evitare di versare liquidi bollenti direttamente sul piano, o nel lavello realizzato nello stesso materiale, senza averli prima fatti in qualche modo raffreddare, oltre ad avere l’accortezza di utilizzare i classici sotto-pentola per poggiarvi sopra le casseruole appena tolte dal fuoco, così come è opportuno fare anche per le caffettiere ancora calde. Anche per la usuale pulizia di un piano in HPL è consigliato l’utilizzo di acqua calda abbinata, in caso di necessità, a detergenti neutri come lo sgrassatore Chante Clair, l’Aiax liquido, il Baysan liquido o il detersivo comune per i piatti. Non si possono usare pure in questo caso sostanze abrasive o graffianti (polveri o detergenti abrasivi, pagliette o il lato verde della spugnetta abrasiva), solventi aggressivi o decalcificanti e pulitori per scarichi contenenti acidi. E’ inoltre sconsigliato l’uso di sali fortemente acidi (a base di acido cloridrico, formico o amino-solfatico) e di detergenti per metalli o per il forno.
Rivolgiamo adesso la nostra attenzione ad una tipologia di piano che può essere annoverata certamente tra quelli più popolari in questo momento, ovvero i top in agglomerato, più semplicemente detti “top in quarzo”. Tali piani di lavoro vengono prodotti in lastre di spessore variabile dai 20 ai 30 millimetri, formate da scaglie e graniglie dei minerali più pregiati e adatti allo scopo che, mescolandosi a resine attentamente selezionate, garantiscono notevoli vantaggi in termini di resistenza all’abrasione, stabilità dimensionale ed inalterabilità agli agenti chimici. Si tratta di un materiale in verità non nuovo nel panorama commerciale, ma che ultimamente ha avuto una notevolissima diffusione, sia grazie alla sua ampliata produzione, sia ai notevoli miglioramenti tecnologici ottenuti del frattempo. Già negli anni 70 esistevano infatti dei top in agglomerato composti da una miscela di resine sintetiche miste a frammenti di marmo, ma si trattava di una tipologia piuttosto limitata nel suo assortimento e che non era esente da problematiche tecniche. La gamma esistente in commercio attualmente è vastissima e differisce da prodotto a prodotto, non solo per i suoi tanti colori, ma anche per la tipologia di composto utilizzata, per il tipo di inerti adoperati e per la quantità di resine impiegate all’interno della sua mescola. Questo tipo di top è prodotto da moltissime aziende e pur essendo formato più o meno dalla stessa mescola, assume un nome differente a seconda dell’azienda che lo produce. Silestone, Stone Italiana, Okite, Tecnhistone, Quarella, Caranto Quarz e MarmoArredo, sono solo alcuni dei produttori più rinomati di questo splendido materiale da lavoro, il quale, pur essendo commercializzato in lastre con spessori solitamente da 2 e da 3 cm, attraverso delle lavorazioni “scatolari” può raggiungere anche spessori ben maggiori. Le lastre che si trovano in commercio infatti hanno misure piuttosto standard, che si aggirano sempre intorno ai 130 cm di larghezza per 310 di lunghezza. Tali misure, non sono casuali, ma sono bensì quelle che consentono ai cosiddetti “trasformatori” (i marmisti specializzati in questi tipi di materiali) di utilizzare il massimo della lastra nel produrre dei piani da cucina, i quali hanno, notoriamente, una profondità di circa 60/65 cm.
A parte il colore, la scelta esistente per questa tipologia di piano è davvero molto vasta: dalle varianti unite si può passare a quelle “venate” che simulano il marmo, dalle superfici granigliate si può andare a quelle puntinate, dai ruvidi ai lucidi, dagli anticati agli ultra-opachi, fino ad arrivare ai top dotati di speciali inserti in cristallo (I famosi StarLight) o in altri materiali particolari come le conchiglie. Questa grandissima varietà di prodotto è per lo più dovuta alla procedura industriale con cui queste lastre vengono costruite, la quale permette una grande versatilità di produzione. Queste metodiche industriali, non sono però certo da considerarsi una novità, in quanto sono più o meno le stesse che venivano utilizzate per produrre, anche qui in Italia, le famose piastrelle in graniglia già in uso agli inizi del secolo scorso. I procedimenti che consentono la produzione di tali tops si possono infatti riassumere semplicemente nella mescolanza di una certa quantità di “inerti” (la parte naturale del composto), che può variare dal 85 al 95% del totale, con una piccola percentuale di agglomerante cementizio, a base di resine sintetiche create in laboratorio per questo uso specifico. La densa miscela così ottenuta viene poi letteralmente spalmata su delle superfici metalliche piane e inserita in speciali presse che ne determinano con esattezza millimetrica lo spessore, in maniera molto uniforme. A volte per donare alle lastre effetti speciali, queste superfici di formatura vengono ricoperte con altri materiali, come ad esempio il cartone o la pietra, che permettono di dare alla lastra una superficie che simula ad esempio quella irregolare della pietra spaccata.
Gli inerti che sono utilizzati allo scopo di costituire il composto della maggior parte di questi piani, possono essere tantissimi e variano dalle graniglie ricavate dalla lavorazione del marmo e del granito, alle piccolissime particelle (polvere) di quarzo da cui prendono la comune denominazione. Oppure possono essere costituite da delle piccole scagliette di vetro, di calcare o di onice. La scelta della nuance, può invece variare a seconda degli speciali coloranti usati per donare particolari tonalità alle “paste” con cui sono formate le lastre.
Una volta che la formatura delle lastre viene terminata sotto pressa, ed è concluso anche il processo di stagionatura che consente di “stabilizzare” il materiale rendendolo perfettamente asciutto, esse vengono inviate al reparto “rifinitura “ della fabbrica, dove sono sottoposte a speciali trattamenti lucidanti e impermeabilizzanti i quali, attraverso l’uso di sostanze apposite e particolari lavorazioni, riescono a donare alle lastre uno spettacolare effetto di lucentezza, uniformità e pulizia della superficie. Quasi tutte le lastre in commercio, almeno quelle delle migliori aziende, utilizzano trattamenti superficiali che rendono i piani di lavoro da cucina perfettamente asettici ed antibatterici e per questo molto sicuri.
Perché è infatti la facilità nella pulizia e nell’igiene il vantaggio più importante di questi piani, che possedendo una bassissima porosità consentono una pulizia molto agevole ed immediata. Ma attenzione però, non è affatto vero che questi tipi di piani sono indistruttibili ed assolutamente impermeabili ed inattaccabili alle macchie. Anche chi possiede questi tipi di top così belli e resistenti dunque deve porre un po’ di attenzione nel loro utilizzo. Uno degli errori più frequenti tra i clienti è, ad esempio, quello di utilizzare questi piani per poggiarvi sopra pentole caldissime o la caffettiera appena tolta dal fuoco. Il piano in agglomerato, non essendo formato interamente da materiale naturale, come il granito, il quarzo o il marmo, è tenuto insieme, come sopra detto, da alcune resine che essendo a base plastica/sintetica, sono abbastanza sensibili al calore e possono dunque a volte cambiare leggermente colore quando sono sottoposte a temperature molto alte in zone concentrate.
Un altro dei problemi a cui si può incorrere usando questi piani è quello relativo alle macchie. Infatti le loro superfici pur essendo egregiamente trattate, possono essere comunque penetrate da alcune sostanze aggressive come l’inchiostro, gli acidi o i liquidi oleosi, specie se questi vi vengono depositate per lungo tempo. E’ estremamente importante dunque fare una certa attenzione nel loro uso, specie quando si utilizzano prodotti che contengono tali sostanze dannose. A parte questo, la facilità pulizia di questi piani, è da considerarsi senza dubbio come uno dei suoi maggiori vantaggi. Il piano in quarzo possiede infatti una superficie così compatta e resistente che è difficilmente attaccabile dallo sporco. Vi sono alcune finiture, come la finitura ruvida tipo “pietra” o quella “ultra-opaca”, che si presentano con una superficie meno compatta di quelle lucide -ed in questi casi l’attenzione deve essere ovviamente maggiore- ma in generale si può tranquillamente dire che detergere questi piani è estremamente semplice. La pulitura quotidiana può essere fatta usando acqua calda con aggiunta una buona dose di liquido sgrassante come lo Chante Claire o il sapone di Marsiglia. In caso di sporco ostinato si possono anche usare le spugnette abrasive facendo però attenzione che il loro uso non riesca a danneggiare la superficie lucidata del top.
Vi è poi una questione legata all’estrema compattezza di questi piani, in quanto il materiale, una volta trattato e lucidato, diviene difficilmente penetrabile e ciò comporta una certa difficoltà nel poter effettuare una qualsivoglia tipologia di “ritrattamento” o pulizia a fondo di zone particolarmente sporche o macchiate. Nei casi in cui si debba intervenire in tal senso è opportuno conoscere il sito del produttore di riferimento, e da quello ricavare le informazioni necessarie alle varie tipologie di pulizia e di trattamento. Comunque in linea generale si può dire che per intervenire su di un piano in quarzo macchiato, di solito si procede con una pulizia superficiale da effettuarsi con prodotti anticalcare leggeri (Smack o ViaKal diluito) e spugnette Tipo Scotch Brite. Dopo aver poi sciacquato e fatto asciugare le superfici in maniera perfetta si può procedere ad una sorta di ritrattamento, effettuandolo con dei prodotti appositi come quelli ad esempio della ditta Fila. Se si nota, infatti, che la pulizia del top risulta essere troppo faticosa o che le macchie sono difficili da rimuovere, dopo la pulizia conviene ripristinare la naturale protezione antimacchia del materiale applicando un protettivo per marmo. Se invece si preferisce ravvivare il colore della superficie, specie nei colori un po’ più scuri, si può invece proteggerla con un trattamento antimacchia ad effetto “bagnato” che esalta il colore naturale del materiale. Per la modalità di applicazione dei prodotti, però è comunque necessario seguire attentamente le istruzioni riportate in etichetta, in modo da evitare di danneggiare irrimediabilmente le superfici. Una volta ripristinato il trattamento protettivo, per la manutenzione quotidiana si può con tranquillità consigliare di pulire le superfici con un detergente spray ad azione sgrassante ma non aggressivo.
Quando si parla di quarzo, occorre parlare anche di lavorazioni speciali. Non tutti sanno infatti che le suddette lastre, una volta formate e rifinite, vengono trasformate in piani di lavoro da cucina da dei marmisti specializzati, dotati di attrezzature particolarmente adatte allo scopo. Questi “trasformatori” sono coloro che, tagliando e rifinendo i bordi dei tops, fabbricano i veri e propri piani con cui si completano le nostre cucine. Ovviamente però sono anche gli stessi che si preoccupano di effettuare speciali lavorazioni come quelle necessarie per ottenere, ad esempio, i lavelli incassati in quarzo, gli sgocciolatoi incisi sui piani e le alzate sagomate completamente realizzate su misura.
Ma alla fine come si riconosce la qualità dei quarzi? Beh è abbastanza facile… basta leggere le schede tecniche dei produttori ed individuare la percentuale di resina che è presente nel composto. Più la quantità di resina è alta e maggiore sarà la resistenza meccanica e la compattezza superficiale del piano di lavoro. La grande percentuale di inerti con cui è composto il materiale, serve infatti solo a fornire una sorta di “riempimento” nel composto e, oltre a donare al materiale certi effetti estetici, ne preserva la durata nel tempo e ne determina la resistenza agli urti.
A questo proposito è assolutamente necessaria una precisazione. Le lastre in “Quarzo” sono prodotte con una tecnologia di vibro-compattazione sottovuoto e catalisi a caldo, ottenuta pressando una miscela tra inerti e resine. Pur essendo normalmente impiegati come inerti materiali durissimi come il vetro, il feldspato, il quarzo ed alcuni graniti, in maniera da ottenere manufatti dotati di una durezza davvero elevata e con notevoli vantaggi in termini di tenacia superficiale, questo materiale non è indistruttibile ed è particolarmente soggetto a scheggiarsi negli spigoli. Per questo motivo è necessaria una certa accortezza nel suo utilizzo specie in alcune delle zone più sensibili in questo senso. Chi ad esempio fornisce il proprio top in quarzo di un lavello dotato di vasche sotto-piano, deve aver chiaro che rimanendo in quel caso totalmente scoperti i bordi in quarzo che fanno da perimetro alle vasche, quello può essere un punto dove può essere facile sbattere delle stoviglie e quindi danneggiare gli spigoli in quarzo. Un altro dei punti delicati è il bordo frontale del top in quarzo, nella zona posta tra lavello e lavastoviglie. In quel punto infatti avvengono più spesso incidenti durante il posizionamento, l’estrazione o comunque il passaggio di stoviglie che avviene tra lavello e lavastoviglie durante i normali lavaggi.
Al netto di questi piccolissimi possibili inconvenienti la grande resistenza all’abrasione, alle macchie, la sua stabilità dimensionale e la sua notevole inalterabilità agli agenti chimici, rende questo tipo di piano una delle scelte migliori che si possono fare per la propria cucina componibile.
Anche chiamata “pietra sinterizzata”, questo tipo di sostanza è considerata una vera e propria novità nel campo delle superfici orizzontali da cucina, che è pensata espressamente per rendere pratico e resistente ogni piano di lavoro. I Top in ceramica da cucina sono infatti realizzati utilizzando delle lastre in Gres porcellanato, un materiale notoriamente ultra resistente, che dopo essere opportunamente lavorato viene composto nella forma e nelle misure desiderate. Questo particolare tipo di Top unisce allo spessore ridotto e alla possibilità di costruire piani di grandi dimensioni, un’elevata resistenza alle sollecitazioni meccaniche, agli attacchi chimici, ai graffi, all’abrasione profonda e alla flessione. Le lastre in questione vengono prodotte per lo più in Italia, nella zona del Modenese e dintorni, attraverso un processo quasi sempre brevettato, ad elevata tecnologia, che rappresenta un’evoluzione della lavorazione tipica della produzione di pavimenti, per cui è particolarmente rinomato l’indotto produttivo emiliano-romagnolo. Per il procedimento produttivo si utilizzano miscele di materie prime naturali (per lo più composte da argille ceramiche, feldspati, caolini e sabbia) che vengono macinate ad umido, trasformate in granulato, e compattate ad alta pressione tramite appositi macchinari. A quel punto avviene una speciale cottura delle lastre che permette alle terre di essere “sinterizzate” (ovvero cotte all’interno di uno stampo in pressione) ad una temperatura di circa 1.200 gradi, lavorazione da cui traggono il nome di “pietra sinterizzata”. Mentre la normale ceramica smaltata è costituita da un supporto interno in terracotta (chiamato Biscotto), e da uno strato in superficie che le rifinisce e conferisce alla materia quel particolare tocco estetico, (detto Smalto), il gres porcellanato è formato da un composto omogeneo, in cui tutto il suo spessore viene colorato in base alla tinta scelta. Questa sua particolare composizione conferisce a questo materiale un’ottima resistenza, oltre che una bassa assorbenza e un’alta impermeabilità. Le tecnologie produttive con cui fino a pochi anni fa si producevano piastrelle con formati variabili, si sono evolute fino a permettere la produzione di lastre di 150×300 cm, con spessori che possono variare dai 3 a 20 mm. L’impasto di porcellanato, normalmente di colore beige chiaro, può venire facilmente colorato nella fase di atomizzazione, ciò consente appunto di ottenere lastre colorate in massa, la cui superficie può assumere qualsiasi tipo di sembianza. Si possono dunque trovare lastre in Ceramica che simulano le pietre e il cotto, ma anche altre che, grazie ad un trattamento superficiale di smaltatura, possono anche assumere l’aspetto del metallo o, come vedremo, del marmo.
Il “gres smaltato” che si utilizza per i piani da cucina si differenzia quindi dal “gres naturale” per la varietà di stili, formati, decori e “texture” che possiamo riscontrare solo nella ceramica smaltata. Le caratteristiche superficiali infatti sono determinate da scelte commerciali e non da caratteristiche intrinseche del prodotto: si possono trovare quindi in commercio top in Gres prodotti con un alto grado di ruvidità, ma con caratteristiche estetiche elevate (ad esempio superfici che replicano lastre minerali in pietra) e si possono trovare Top in Gres che pur mantenendo intatta la propria resistenza offrono un aspetto uniforme, elegante e lucente. I piani in Ceramica che hanno superficie smaltata quindi sono quelli nei quali si riescono a distinguere, in sezione, l’impasto di base, che ne determina le caratteristiche di resistenza meccanica, e lo smalto, che ne determina invece l’aspetto estetico, il decoro e la sua resistenza all’usura. La possibilità di lucidare finemente le superfici smaltate con un procedimento detto “lappatura” e di “rettificare” gli spigoli delle lastre, ha consentito inoltre la creazione di lastre e piani in Gres porcellanato capaci di simulare in maniera pressoché perfetta i vari tipi di marmi naturali da cucina che esistono in commercio. Questo ha ovviamente permesso di poter godere dell’aspetto irripetibile del marmo, senza dover per forza fare i conti che la sua naturale porosità superficiale, aprendo ad un uso molto più disinvolto di questo tipo di “effetto decorativo” su molti piani di lavoro da cucina. Possedere un piano in gres vuol dire poter contare su una resistenza agli agenti esterni che possono mettere a dura prova top di altro genere; una resistenza al fuoco e quindi al calore, che non ha pari in altri materiali; Una resistenza a compressione davvero incredibile ed anche ad una resistenza ai graffi ed agli urti davvero notevole.
Anche in questo materiale, come in ogni altro materiale di grandissima durezza, sono le sbrecciature (o scheggiature) a dover essere particolarmente temute da chi predilige l’uso di questi top. Sono infatti gli spigoli la parte da dover maggiormente preservare in un piano in ceramica, mentre tutto il resto di questi bellissimi top, può essere davvero usato con una grande disinvoltura. Le uniche accortezze da dover usare sono quelle relative all’uso di pagliette metalliche o abrasive soprattutto sui piani lucidi e quella, abbastanza nota, che consiglia fortemente di non usare coltelli con lama in ceramica direttamente sulla superficie, soprattutto sui piani lucidi. La ceramica ha un’elevata resistenza al calore che permette l’appoggio diretto di pentole o tegami caffettiere ancora bollenti senza alterare il colore o la struttura. E’ comunque necessario evitare il contatto diretto con la fiamma.
Il gres porcellanato smaltato risulta davvero facile da pulire e particolarmente resistente allo sporco e alle macchie grazie alla sua smaltatura superficiale che impedisce al pigmento della macchia di entrare nei già di per sé rari pori del composto interno. Un top in ceramica si pulisce infatti con estrema facilità già con acqua calda, senza altri tipi di additivo. In generale, in caso di sporco ostinato, si consiglia di utilizzare detergenti neutri diluiti in acqua con panni umidi ben strizzati senza usare spugne troppo abrasive o pagliette metalliche. Per le macchie persistenti si possono usare se necessario anche spugne poco abrasive, facendo attenzione al loro uso ed è possibile abbinarvi un detergente neutro cremoso. Eventuali aloni di silicone devono essere asportati con un prodotto specifico per silicone reperibile in qualsiasi ferramenta. Versare o spruzzare il prodotto sopra il silicone e lasciare agire per il tempo indicato nelle istruzioni del prodotto; successivamente pulire con un detergente neutro e risciacquare con acqua calda. Quindi asciugare con un panno pulito o carta assorbente. Sui piani in ceramica occorre assolutamente evitare di pulire la superficie con prodotti contenenti candeggina o a pH altamente basico. Altri prodotti che possono danneggiare la superficie sono: il tricotilene, i solventi industriali, l’acido fluoridrico, la soda caustica. E’ inoltre necessario non esporre il top in ceramica al contatto con acido fluoridrico (HF) e, specie nei top di colore intenso e scuro, evitare di strisciare o di colpire il piano con corpi contundenti e sottoporli a sostanze alcaliniche in modo prolungato.
La Ceramica è anche totalmente eco-compatibile e riciclabile poiché interamente naturale e riutilizzabile in quanto inerte.
Abbiamo appena finito di esporre le eccellenti caratteristiche di un materiale altamente eco-compatibile come la ceramica; discutendo però di materiali naturali da utilizzare come piani di lavoro da cucina, sarebbe forse per prima cosa d’obbligo parlare soprattutto del Marmo e del Granito, i quali sono forse i materiali naturali più diffusi per la produzione di Top. Come abbiamo visto all’inizio di questo nostro “viaggio”, si tratta di quei materiali che, insieme al legno, sono stati utilizzati per primi come piani d’appoggio per cucina ma che, nonostante sia passato tanto tempo, a differenza del vero legno rimangono ancora oggi tra le scelte preferite da un’ampia categoria di estimatori. Spesso considerati delicati perché “porosi” e quindi facilmente soggetti alle macchie provocati da liquidi versati accidentalmente sulla superficie, il marmo ed il granito vengono spesso sottovalutati a vantaggio di altri materiali sintetici, anche se possiedono in realtà numerosi vantaggi. Il più importante è probabilmente la loro propria valenza estetica.
Chi può infatti negare la bellezza di un bel piano in marmo bianco o di uno splendido top in granito Nero? Tant’è vero, che anche i materiali da cucina più innovativi e tecnologicamente evoluti come il Quarzo o la Ceramica, molte volte vengono prodotti in maniera da simulare, più o meno esattamente, proprio l’aspetto di questi interessantissimi materiali naturali. Del resto è la natura stessa a suggerire quella splendida infinità di “texture” che si possono trovare quando si è alla ricerca di una pietra naturale adatta alla costruzione di un Top da cucina. Sono davvero migliaia le cave dislocate sull’intero pianeta da cui possono essere estratti quei favolosi “blocchi” che, una volta sezionati, andranno a formare le splendide lastre che si utilizzano per farci i piani da cucina. In Italia, per avere una minima idea della varietà di pietre, marmi e graniti che il nostro sottosuolo ci offre basta recarsi al sacrario di Redipuglia, in Friuli, di fronte al quale nel 2015 è stata inaugurato un gigantesco tappeto lapideo di 400 mq che è formato da ben 8047 triangoli di pietre, marmi e graniti diversi, i quali simboleggiano tutti i comuni Italiani. Per ciò che concerne i top da cucina, le pietre naturali più utilizzate sono senza dubbio il “marmo di Carrara” e il “Granito grigio Sardo” in tutte le loro varianti, però si possono trovare anche tantissimi altri materiali da utilizzare a questo scopo, come il “Marmo Rosso di Verona”, il “Peperino”, l’Onice”, la “Breccia” ecc.
Di solito vengono preferiti per questo uso le pietre più compatte le cui superfici possono essere lucidate, come sono appunto i marmi e i graniti, ma essendovi ormai da qualche tempo la possibilità di applicare sulle superfici dei prodotti impregnanti al fine di otturare i pori e favorire così una migliore asportazione delle macchie, anche altri materiali molto più porosi, come ad esempio il Travertino e la Pietra di Vicenza, diventano utilizzabili a questo scopo. Quello della pulizia è infatti il tema che più interessa chi si approccia a questa tipologia di Top. D’altronde questi materiali hanno in realtà ben pochi altri problemi: essi sono infatti ovviamente molto duri, resistenti, versatili grazie al grande assortimento disponibile e generalmente considerati per queste loro caratteristiche piuttosto “pratici”. Il loro più ampio e diffuso utilizzo si è avuto a partire dalla fine degli anni ’70 fino all’arrivo dei quarzi e delle altre pietre sintetiche. Prima di allora, infatti, chi desiderava “vestire” la propria cucina con un piano di lavoro di alta qualità, non aveva altra possibilità di scelta se non queste e non era raro che gli stessi “designer” delle cucine componibili, utilizzassero proprio l’innata “personalità estetica” di queste sostanze per valorizzare un prodotto e renderlo unico. In effetti per 3 o 4 decenni i piani in marmo e granito sono stati utilizzati ovunque in cucina, a partire dalle cucine più moderne e di design, fino ad arrivare alle più “classiche” e tradizionali.
La versatilità di questi materiali, del resto, lo consente. Sono disponibili in lastre solitamente di 300 x 200 cm massimo e possono variare da uno spessore minimo di 2 cm fino a raggiungere spessori anche superiori ai 20 cm. Questo permette dunque non solo la realizzazione degli usuali piani da cucina che si trovano da 2 cm per materiali molto diffusi come i quarzi e le ceramiche, ma anche la fabbricazione di veri e propri “blocchi” in massello, da cui è quindi possibile ricavare anche dei pesantissimi, ma eccellenti a livello estetico, lavelli monoblocco. A parte queste caratteristiche “generali” più o meno valide per tutti i materiali naturali utilizzabili per i top da cucina, ognuno di loro ha delle precise caratteristiche che cercheremo di riassumere in maniera il più possibile sintetica.
Si tratta di una roccia di tipo calcareo che per effetto della compressione dinamica della crosta terreste o per contatto, ha assunto una struttura cristallina a tessitura detta “venata”, ovvero dotata di screziature più o meno differenti dal colore uniforme della massa. Con il termine “marmo” si indica infatti qualsiasi roccia calcarea o dolomitica dall’aspetto omogeneo (ovvero non granulare come il granito) che possa essere lavorata e lucidata in modo da costituire materiale decorativo. Il marmo è infatti da sempre sinonimo di eleganza e di grande praticità. La presenza di rifiniture e dettagli realizzati in questa pietra pregiata è stata infatti considerata in ogni tempo capace di impreziosire qualsiasi ambiente, ma anche di renderlo asettico e facilmente pulibile. E’ un materiale luminoso che porta eleganza all’interno di ogni cucina dove i piani da lavoro sono superfici percentualmente molto presenti. Anche oggi l’uso del marmo nei piani cucina resiste all’invasione delle nuove tecnologie proprio per la sua intramontabile ricercatezza, per la sua capacità di conferire alla stanza un’aria differente, per la sua infinita durata e per le sue caratteristiche in fatto di igiene. Esistono tantissime tipologie di marmo, e questo permette di trovare quello giusto per la propria cucina, indipendentemente da quale sia lo stile e la tonalità. Tra le virtù del marmo infatti vi è proprio la sua versatilità, che lo rende adattabile a qualsiasi stile. Il colore del marmo viene naturalmente determinato dalla presenza di impurità minerali, come ad esempio il limo, l’argilla, la sabbia, oppure dagli ossidi di ferro che possono essere a volte presenti all’interno della roccia. Sono materiali che possono essere reperiti sia in forma di strati (marmi venati) oppure di granuli di grandezza più o meno minuta a seconda del tipo.
Il marmo bianco, ad esempio, proviene da rocce calcaree prive di impurità e il più diffuso è quello ricavato dalle Alpi Apuane di Carrara, ma essendo un materiale utilizzato oramai da millenni, ne vengono estratti come detto centinaia di tipi, che possono giungere da Cave site in ogni parte del mondo. Tra questi alcuni dei più diffusi a livello commerciale per le cucine sono il Marmo bianco di Carrara, il “nero Marquinia”, il verde “alpi”, il rosso “Verona”, il Trani ed il Travertino. La sua natura di materiale “compattato”, cioè frutto di una compressione di alcune specifiche zone della crosta terrestre, lo rende un materiale estremamente duro, robusto ed utilizzabile sia in esterno che in interno. Viene commercializzato in lastre solitamente lucidate “a specchio” in modo da rendere più impermeabile e compatta la sua superficie esterna, ma non è raro trovare dei Top da cucina realizzati in Marmo anche con finitura opaca. Pur essendo estremamente resistente a compressione, come tutti i materiali particolarmente duri, è fragile agli urti e tende a sbeccarsi in tutti quegli spigoli che vengono lasciati privi di protezione.
Per questo motivo i suoi spigoli vengono spesso “arrotondati” in modo da rendere praticamente impossibile le scheggiature del suo bordo; questa lavorazione però risulta a volte poco compatibile con il design delle cucine più moderne. Molto resistente al calore, il piano in marmo può essere utilizzato in maniera abbastanza disinvolta anche nelle vicinanze del piano di cottura, anche se è sempre consigliabile non poggiare le pentole calde direttamente sul piano, per evitare quel fenomeno detto “shock termico” a causa del quale i materiali più duri e resistenti tendono a spaccarsi violentemente. Non essendo inoltre del tutto insensibile alla fiamma viva, è opportuno dotare il proprio marmo di una apposita protezione, specialmente qualora lo si utilizzi anche come para-schizzi, applicandolo alla parete retrostante. Il marmo è una roccia calcarea cristallina, composta principalmente da carbonato di calcio e la sua eccezionale uniformità di colore rende di per sé molto visibile ogni tipo di sporco che può su di esso depositarsi. Il marmo è dunque da considerarsi una scelta un po’ più impegnativa rispetto ad altri tipi di piani di lavoro da cucina, ma solo perché richiede una maggiore cura ed una adeguata attenzione. Il marmo infatti, quando viene utilizzato come Top, pur non assorbendo facilmente i liquidi, non è del tutto impermeabile, è sensibile agli acidi alimentari (come limone e aceto) ed ai coloranti più aggressivi. Le macchie degli alimenti e delle altre sostanze imbrattanti vanno dunque tolte immediatamente, ad esempio con acqua tiepida e sapone, se si tratta di chiazze provocate da prodotti solvibili in acqua. Nel caso si tratti invece di patacche oleose si può procedere applicando e lasciando agire per diverse ore, un piccolo strato di talco sopra la macchia, in modo che la polvere riassorba, almeno in prossimità della superficie, i liquidi penetrati.
Per evitare tutti questi tipi di problemi però, per fortuna, esistono da qualche decennio degli appositi prodotti sintetici in forma liquida con cui è possibile trattare ogni superficie in modo da renderla effettivamente idro e oleo-repellente. Si tratta di liquidi che essendo capaci di penetrare la superficie del marmo con facilità, ne chiudono i pori superficiali, rendendo impossibile ad altre sostanze di penetrarvi. Tali prodotti sono ormai più che collaudati e sono, solitamente, applicabili con molta facilità sui piani di lavoro da cucina tramite un semplicissimo pennello. Questo consente una manutenzione periodica che può essere ripetuta una o due volte all’anno a seconda dell’uso più o meno intensivo che si fa del proprio piano.
L’altro tipo di piano “naturale” più diffuso per i top da cucina è senza dubbio il Granito. Pur provenendo anch’esso dal sottosuolo, si tratta di un materiale abbastanza differente dal Marmo, che si presenta sotto forma di granuli compatti dai quali deriva il suo nome. Il granito è una roccia intrusiva a struttura cristallina, che si è generata in profondità nella crosta terrestre ed è normalmente composta al 70% da quarzo. La sua formazione geologica non è stata ancora del tutto stabilita, ma anche questo materiale pare si creai a causa di forti compressioni di alcune zone della crosta terrestre, su del materiale magmatico raffreddato. Il granito ha cromaticamente degli effetti differenti rispetto, al marmo ma, come quest’ultimo, è disponibile anch’esso in tantissimi colori, dal rosa al grigio, dal marrone al nero. La miriade di tonalità in cui è possibile averlo lo rende adatto a qualsiasi tipo di arredamento, alla cucina classica come a quella moderna. Se il marmo rappresenta l’eleganza, si può senza dubbio dire che il granito simboleggi la forza e la resistenza. La durezza di questo materiale è proverbiale e rappresenta senza alcun dubbio la sua caratteristica principale. Il granito resiste all’umidità ed è una delle pietre naturali più robuste.
Come avviene per il marmo, anche il granito presenta una certa porosità, ma a differenza del primo resiste brillantemente agli acidi. Il granito è perciò la scelta ideale per tutti coloro che usano molto la cucina e vogliono un piano su cui lavorare senza grosse preoccupazioni.
I graniti infatti non si graffiano, sono idrorepellenti, assorbono pochissimo olio e grassi e non temono il calore; queste loro innate doti sono dovute alla loro enorme compattezza, una caratteristica che gli consente di resistere maggiormente rispetto al marmo, ad urti, alte temperature e sostanze organiche alimentari molto aggressive come olio, limone e aceto. Anche questo splendido materiale inoltre può essere sottoposto ad un trattamento che lo renda ulteriormente impermeabile ed impenetrabile ai liquidi. Si tratta anche in questo caso di prodotti in forma liquida, facilmente reperibili in commercio presso i negozi specializzati, che possono essere applicati sui piani ed i lavelli in granito, sia prima dell’installazione sulla cucina che dopo. Questa comodità di trattamento consente di ripetere periodicamente l’operazione al fine di mantenere intatte nel tempo le caratteristiche estetiche del materiale.
Come per tutti gli altri materiali lapidei che si trovano in commercio per la fabbricazione dei top da cucina, anche con i vari tipi di granito è possibile costruire degli splendidi lavelli. Pure in questo caso infatti si tratta di un materiale che è possibile reperire in numerosi spessori e ciò consente di realizzare, come per il marmo, non solo dei lavelli di tipo “scatolare”, ma anche dei tipo “monoblocco” in massello. Il peso specifico del materiale ed il suo costo relativamente alto rendono però abbastanza difficile questa realizzazione artigianale e quelli effettivamente realizzati sono poi quasi esclusivamente quei lavelli in granito detti appunto “scatolari” che vengono realizzati soprattutto mettendo insieme ed incollando delle piccole lastre di spessore solitamente di 2 o 3 cm. Come tutti gli altri materiali molto duri con cui possono essere costruiti i piani di lavoro da cucina, anche per il granito i punti dove possono avvenire sei danneggiamenti sono in special modo gli spigoli ed i bordi. Una buona soluzione per scongiurare questo tipo di problemi è quella di evitare gli spigoli “vivi” facendo arrotondare i bordi in modo che gli eventuali urti di pentole e stoviglie non riescano a provocare piccole scheggiature o sbrecciature. Tra i materiali in commercio il granito è tra quelli che maggiormente si adattano alla produzione di para-schizzi posteriori.
Il granito infatti oltre ad essere molto resistente al calore secco e umido (forse, il più resistente in assoluto), lo è anche alla fiamma viva, anche se può essere sporcato dalle impurità che la fiamma stessa può portare in sé. Questo ragionamento ci porta naturalmente a parlare di quelle che sono le differenze esistenti tra Granito e Quarzo nella realizzazione di Top da Cucina. I materiali infatti sono spesso esteticamente molto simili, ma le loro caratteristiche sono abbastanza diverse. Innanzitutto va detto che l’assortimento di colori che consente un materiale sintetico come il quarzo, non potrà mai essere paragonato a quello esistente per i Graniti. La quantità di tipi di granito esistente sul pianeta è infatti enorme, ma la disponibilità sui mercati è quasi sempre limitata a quegli che sono i materiali di provenienza locale o che attirano maggiormente i clienti in quel momento. Per il quarzo questo ragionamento non vale. I piani da cucina in quarzo vengono infatti prodotti industrialmente da aziende quasi sempre europee che fabbricano le proprie lastre a seconda delle richieste di mercato e questo amplia ovviamente a dismisura la disponibilità di tipologie differenti di prodotto. Un discorso a parte lo meritano invece le caratteristiche estetiche dei due Piani da cucina. Il piano in Granito infatti, pur essendo un materiale più uniforme rispetto ad esempio al marmo, si presenta come ogni materiale che si trova in natura in una forma che può lasciare apparire screziature, venature, piccoli difetti e cambi di colore che sono, in realtà, la bellezza di ogni materiale naturale. Il quarzo invece è ovviamente più uniforme in quanto prodotto industrialmente, e si adatta dunque meglio ad alcune tipologie di clientela e di cucina. Anche a proposito delle loro caratteristiche tecniche i due materiali differiscono abbastanza.
Il quarzo ha una maggiore resistenza a flessione del granito e dunque permette di essere trasportato più facilmente. Il granito invece è molto più resistente al calore del Quarzo e questo lo rende particolarmente adatto ad alcune zone della nostra cucina componibile. Circa l’assorbenza, il granito è naturalmente meno impermeabile del quarzo, però la sua superficie è più screziata e questo permette di rendere meno visibili alcune tipologie di macchie. Il granito però può essere trattato con appositi liquidi anti macchia anche più volte durante l’anno e questo è un tipo di manutenzione che non è possibile fare con il quarzo a causa della sua superficie più compatta e impenetrabile. In merito agli urti, essendo entrambi due materiali davvero durissimi, sono suscettibili a scheggiarsi se si urtano sugli spigoli. In questo senso il quarzo si presenta come un po’ più resistente del granito grazie alla presenza delle resine nel suo composto, ma pensare di essere di fronte ad un materiale “indistruttibile” quando si possiede un piano di Lavoro da cucina in Quarzo può rivelarsi davvero deludente. Il Quarzo infatti va trattato alla stregua di ogni altro materiale duro con cui vengono costruiti i Top, facendo attenzione a non urtare i suoi spigoli con pentole, stoviglie o piatti pesanti.
Parlando di Granito, un accenno è doveroso da fare anche a proposito del costo del materiale in questione. Produrre infatti un top da cucina ha dei costi già di per sé non indifferenti, che possono venir aggravati dalla difficoltà di lavorazione di alcuni tipi di materiali particolarmente duri come sono, appunto, il granito, il marmo, la ceramica ed il quarzo. A differenza però di altri materiali, il costo della materia prima “granito” è molto variabile perché può cambiare, non solo a seconda delle qualità del granito stesso, ma anche da altri fattori quali, la provenienza (quindi i costi di trasporto), la rarità, i costi di estrazione e la richiesta del mercato.
Si tratta anche in questo caso di minerali naturali estratti in cava e ridotti in lastre di differenti spessori che, a differenza però di altre sostanze come marmo e granito, non possono essere lucidati bensì solo levigati. Questa caratteristica consente diversi tipi di finiture che mantengono però un unico comune denominatore, cioè quello di creare superfici naturalmente porose. Di per sé, come ogni minerale, le pietre naturali sono solitamente materiali molto duri e compatti, ma la loro tenacia non è uguale per tutti, ma varia a seconda del tipo di pietra e dalla sua consistenza. Il Porfido è ad esempio un materiale più duro e resistente, mentre il “Cardoso” è una pietra un po’ più suscettibile agli urti e la Pietra Serena è considerata infine abbastanza morbida e poco adatta ad essere usata come piano di lavoro. Chi desidera pertanto un piano dall’aspetto più naturale, può senza dubbio utilizzare un top in pietra naturale ma deve saperlo adoperare con cura e mantenere. Essendo una materia porosa, infatti, la pietra deve subire un trattamento di protezione già in fase di lavorazione perché, altrimenti, i sigillanti che si usano per l’installazione di qualsiasi piano di lavoro da cucina potrebbero macchiarla a danneggiarla irrimediabilmente. Dopo l’installazione il trattamento deve essere poi ripetuto più volte in modo che l’uso del piano non ne pregiudichi l’estetica. Nonostante i trattamenti idrorepellenti per la pietra naturale siano molto efficaci infatti, l’estrema porosità delle pietre tende ad incamerare i trattamenti al loro interno, diminuendone il loro effetto in superficie. Una manutenzione semestrale è però quasi sempre sufficiente a rendere anche i top da cucina in pietra abbastanza pratici. Quello che deve essere comunque chiaro è che trattandosi di materiali non lucidati la superficie di queste sostanze non potranno mai essere utilizzati alla stregua di un piano da lavoro in quarzo o in granito, ma che dovranno essere usate alcune accortezze. I liquidi più macchianti, come aceto, olio, succhi rossi di frutta, sangue e vino rosso, non devono venire a contatto con la pietra e dunque devono essere usati solo in prossimità di un tagliere o di una spianatoia di legno o teflon. Gli spigoli del piano dovranno essere necessariamente protetti oppure opportunamente stondati in modo da evitare scheggiature, mentre le lavorazioni più pesanti (come quella del battere la carne) dovranno essere svolte in maniera adeguata. Uno dei vantaggi che invece possiede la pietra rispetto ad altri materiali è la sua eccellente resistenza al calore. Via libera dunque alle pentole appena tolte dal fuoco e poggiate sul top, alla macchinetta del caffè ed a tutte le altre forti fonti di calore, ma attenzione comunque alla fiamma viva! Il piano di lavoro in pietra infatti, pur resistendo perfettamente al calore della fiamma pulita, potrebbe sporcarsi irrimediabilmente a causa delle impurità che la fiamma brucia.
Questa tipologia di piano può essere considerata oramai una rarità nel panorama delle cucine componibili. Si tratta infatti di un Top che ha avuto la sua massima diffusione durante gli anni ’80, in concomitanza con il grande successo delle “cucine in muratura” ed in “finta muratura”. Attualmente il suo utilizzo è per questo abbastanza limitato, anche se non manca un certo tipo di clientela che, desiderando allestire la propria cucina con arredi “della memoria”, attrezzano i mobili con questo tipo di Top. Tecnicamente si tratta di realizzazioni pressoché artigianali che avvengono applicando a dei piani di supporto in materiale adatto (solitamente, pannelli in Medium Density o compensato marino), una distesa di piastrelle che di solito si estendono al para-schizzi posteriore. Nel caso delle cucine in vera muratura invece, queste stesse piastrelle vengono ad essere applicate alla struttura stessa che può essere realizzata in cemento o laterizio. L’effetto estetico di questa tipologia di piano si adatta per sua natura maggiormente a tutte le cucine classiche dall’aspetto un po’ più “rustico” che sono ancora molto presenti sul mercato. Il loro utilizzo ricorda infatti molto quelle che erano le cucine di un tempo, le quali erano spesso realizzate accanto al camino, e costruite da strutture in muratura su cui venivano effettuati dei fori frontali dove veniva depositata la brace. Tali fori corrispondevano a delle griglie posizionate sul piano su cui venivano poggiate le pentole ed i paioli. L’abitudine di piastrellare questi primitivi piani di lavoro da cucina ha origini antichissime, tanto che si può tranquillamente dire che la realizzazione di “piastre piane in ceramica” (da cui il nome piastrelle) ha avuto proprio origine da questa specifica esigenza. Un rivestimento in piastrelle di ceramica o maiolica, infatti, ha senza dubbio il grande vantaggio di permettere una facilità di pulizia essenzialmente migliore rispetto ad un piano da cucina in muratura o in pietra e ciò ne ha consentito l’ampia diffusione per secoli.
La qualità di questo tipo di top da cucina dipende essenzialmente da tre fattori ovvero dalla qualità delle sue piastrelle, dalla qualità del suo supporto e dalla qualità dell’agglomerato cementizio utilizzato per “stuccare” le fessure che rimangono tra le piastrelle. A proposito di piastrelle, quelle utilizzate per costruire un piano di lavoro da cucina devono essere molto resistenti e smaltate. Come per i piani di lavoro da cucina in Ceramica, le migliori in questo senso sono le piastrelle (o mattonelle) realizzate in Gres porcellanato che, essendo il materiale uniforme con cui viene realizzato l’intero spessore della piastrella, deve le sue principali doti di resistenza ai processi di compressione e cottura ad alta temperatura a cui è sottoposto durante la fabbricazione. Questo materiale esiste in commercio in versione naturale e smaltata, ma nel caso dei piani da cucina è ovviamente preferibile averlo nella seconda variante in modo da rendere estremamente facile la pulizia. Il gres porcellanato ha qualche volta un aspetto più “falso”, rispetto ad una piastrella in ceramica normale costituita dunque da un supporto (detto biscotto) in ceramica smaltato a posteriori, per questo motivo molto spesso si preferisce comunque utilizzare materiali più tradizionali, anche se più delicati, specie in superficie, come la ceramica, il cotto o la maiolica.
Per ciò che concerne il suo supporto, in piani in piastrelle per le cucine componibili sono solitamente realizzati incollando su di un pannello di spessore variabile dai 2 ai 4 cm le mattonelle tramite dei collanti appositi che ne garantiscono la stabilità nel tempo. A questo scopo si usano di solito dei pannelli in materiale apposito i quali possono essere realizzati in legno listellare, in compensato marino oppure in medium density. Sono da evitare in questo caso i supporti in particelle di legno (detti anche truciolari) in quanto i piani in piastrelle, per la loro stessa conformazione non riescono a garantire una completa impermeabilità alle infiltrazioni e per questo si preferisce supportarli tramite materiali resistenti all’acqua ed opportunamente trattati. Il tema delle infiltrazioni ci porta a parlare di un altro aspetto dei piani in piastrelle da cucina, ovvero quello riguardante la loro “stuccatura”. Con questo termine viene definita la lavorazione grazie alla quale le fessure che naturalmente si creano tra piastrella e piastrella vengono “chiuse” con della malta cementizia in maniera da presentarsi come una superficie unica e continua e non poter essere penetrate dallo sporco. Lo spazio rimanente tra le piastrelle viene detto “fuga” e viene solitamente lasciato per evitare che i dilatamenti che ogni materiale come la ceramica tende ad avere a secondo del clima, possano creare crepe e rigonfiamenti sul piano da cucina. Le fughe tra le piastrelle, essendo quindi indispensabili in un piano di lavoro da cucina come in qualsiasi altra superficie piastrellata, diventano una parte importante ed evidente del top e, per questo motivo, viene solitamente colorata nello stesso tono di base con cui sono realizzate le stesse mattonelle.
La parte più fragile di un piano in piastrelle è dunque la cosiddetta “fuga” perché rappresenta ovviamente quella parte dei piani di lavoro che, non essendo protetta da uno smalto, diviene facilmente preda di possibili infiltrazioni di liquidi e di accumuli di sporco. Immaginandoci infatti di versare del liquido su di un piano in piastrelle, possiamo immaginare anche come quest’ultimo possa facilmente “scivolare” su di una liscia piastrella smaltata e quanto possa invece penetrare e sporcare le sue fughe in malta cementizia. Per evitare questo tipo di problemi sono possibili due soluzioni. La prima prevede l’utilizzo di malte cementizie apposite, realizzate con l’aggiunta di resine sintetiche, che grazie ai leganti in esse contenute riescono egregiamente a formare una solida barriera alle infiltrazioni ed allo sporco. La seconda invece è resa possibile dai degli appositi trattamenti esistenti in commercio in forma liquida che, proprio come avviene per i trattamenti di marmo, granito e pietra, rendono impermeabile la fuga in cemento che rimane tra piastrella e piastrella e possono in alcuni casi addirittura “ricolorarla”.
Questi materiali, pur avendo nomi differenti a seconda del loro produttore e della composizione chimica da cui sono costituiti, sono tutti più o meno formati dalla stessa miscela composta da una percentuale di resine sintetiche che può andare dal 30 al 60 % e da una rimanente parte di materiali inerti, come la bauxite la silice o la calcite, derivate dall’estrazione o dalla lavorazione di alluminio, quarzo, marmo e granito. Questa altissima percentuale di resine è da considerarsi il vero motivo della loro grande predisposizione ad essere usati come piani di lavoro, ma anche la causa del loro costo ben più alto di quello dei più diffusi piani in Quarzo. La diversità di prezzo tra Piani di lavoro da cucina in Quarzo e Top in agglomerato Compatto, sta infatti proprio nella differente quantità di resine presenti all’interno delle miscele di cui sono composti i due tipi di prodotto. Vediamo dunque di fare un po’ di chiarezza a questo proposito.
Il piano in agglomerato denominato “Corian”, ad esempio, viene prodotto dalla azienda DuPont, ed è costituito da un materiale composito molto evoluto, formato per un terzo da resine acriliche (polimetil metacrilato, detto anche PMMA) e per due terzi da un insieme di minerali naturali costituiti principalmente da triidrato di alluminio (ATH), una sostanza ricavata dalla bauxite, il minerale con cui si produce l’alluminio. Una volta miscelato il composto viene aggiunto da pigmenti colorati al fine di ottenerne un effetto “setoso” al tatto e piacevole alla vista. Questa tipologia di materiale possiede un’ampia scelta di colori pastello nelle tinte unite e nei venati. Colori anche scuri e intensi sono invece disponibili nei cosiddetti “puntinati”. Le lastre in Agglomerato compatto vengono fabbricate, come avviene per il quarzo, tramite un processo di “formatura”, durante il quale la miscela di materie prime viene posta su delle apposite vasche piane in modo da ottenerne delle superfici omogenee. Una volta formato il materiale subisce una rettifica di alta precisione che ne determina lo spessore esatto, il quale può variare dai 4 ai 19 mm. Il piano di lavoro così ottenuto è solido, poco poroso, molto omogeneo e non consente la crescita di funghi e batteri, essendo perfettamente asettico. È un tipo di Top da cucina robusto, abbastanza resistente al calore e agli urti, ma al contempo estremamente duttile: può essere infatti intagliato, fresato o lavorato proprio come avviene il legno. Tant’è vero che proprio come il legno può essere curvato a caldo e manipolato, al fine di ottenere forme che non possono essere prodotte con altri materiali da cucina. Nei suoi spessori più sottili possono inoltre essere accoppiati ad altri supporti (come il compensato di legno) al fine di realizzare dei piani da cucina leggeri e relativamente economici. Le sue qualità in effetti sono molte ma quelle più interessanti per il grande pubblico sono essenzialmente tre: quella di poter esser formato al fine di produrre diversi modelli di lavelli integrati, quella di poter essere facilmente riparato e quella di poter essere giuntato in maniera invisibile.
E’ importante sapere che con il Corian e gli altri materiali similari si ha la possibilità di integrare al piano di lavoro una vasta gamma di vasche nello stesso colore, senza che il lavello ed il piano si vadano a formare delle fessure o delle giunzioni. Questo tipo di materiale infatti oltre che in lastre, può essere lavorato a “stampo” e ciò consente di creare dei lavelli a corpo “unico” (cioè non assemblati ma “formati” tramite stampi in metallo) e dunque dotato dei suoi spigoli interni stondati. Un lavello così costruito viene perfettamente unito al top in maniera invisibile senza giunzioni e fessure grazie alla seconda grande caratteristica di questo Top da cucina, ovvero quello di poter essere giuntato e riparato in maniera perfetta senza che possa risultare invisibile qualsiasi intervento di questo tipo. Questo tipo di piano da cucina offre infatti la possibilità di realizzare incollaggi invisibili e superfici continue con giunzioni impercettibili, caratteristica che si traduce nella possibilità di creare piani e banconi particolarmente lunghi o ad angolo, fabbricati proprio come fossero in un unico pezzo. Oltre a questo, i top in Corian consentono di essere dotati di bordi sagomati anti-sgocciolo, spigoli smussati e angoli arrotondati a piacere. Ciò permette la produzione di piani dotati anche di spessori molto particolari ed unici, che saranno molto più sicuri, puliti e interessanti di altri materiali proprio grazie all’assenza di giunzioni e fessure agli angoli, intorno ai lavelli e qualsiasi altre parti dove possono annidarsi sporcizia e micro-batteri.
Il peso di questi speciali piani da cucina, molto inferiore a quello del marmo o del quarzo, semplifica il loro trasporto e la loro installazione. Punti deboli: I piani curvi o di forme elaborate, come quelli con il lavello inserito in continuo, hanno costi molto elevati per l’alta incidenza della manodopera, ma anche i piani semplici e non molto lavorati hanno costi di gran lunga superiori a quelli degli altri materiali disponibili per i top da cucina, come ad esempio i Quarzi. Pur non essendo prodotti nuovissimi, i piani in Corian o materiali similari, non hanno mai raggiunto quote di mercato che consentano un vero paragone qualitativo nei confronti degli altri materiali.
Sono top facilmente attaccabili da alcuni agenti chimici come acetone, trielina, acidi o basi forti. Alcune sostanze come inchiostro, cosmetici e tinte, a contatto prolungato con il materiale possono rilasciare coloranti capaci di danneggiarne la superficie, che pur essendo facilmente rinnovabile, rimane troppo spesso vittima di quest’ultimi agenti, nell’utilizzo quotidiano che si fa di una cucina componibile. Se il legante è ai poliesteri e non acrilico (come avviene però in realtà in pochissimi casi), possono ingiallire con la luce. Per riguarda il calore è importantissimo usare sempre – specie con pentole o tegami roventi – un sotto-pentola o altro dispositivo di protezione termica. Non si possono infatti posare mai pentole molto calde (in particolare di ghisa o dotate di fondo pesante) direttamente sul piano di lavoro o in un lavello di Corian®, il calore può infatti danneggiarlo pesantemente.
Dal punto di vista della pulizia questi top, essendo abbastanza impermeabili, risultano facili da pulire e lavabilissimi anche con detersivi abrasivi, cosa che da la possibilità di rimuovere il calcare o le macchie ostinate con spugne abrasive senza ridurne la levigatezza e la lucentezza di superficie. I top in Corian sono dotati di una resistenza molto elevata (anche se certo non paragonabile a quella dei quarzi e dei graniti) agli urti e alle scalfitture. Occorre comunque evitare assolutamente di tagliare o tritare su Corian® munendovi sempre di un apposito tagliere. Come qualsiasi materiale, DuPont Corian® può presentare inoltre con il tempo leggeri segni di abrasione a seguito del normale uso quotidiano. La facile riparabilità della superficie eventualmente danneggiata, li rende però molto pratici da questo punto di vista. Le abrasioni superficiali si eliminano infatti passando delle comunissime spugnette Scotch Brite o della carta vetrata fine. Dopo di che basta lucidare la superficie con dell’abrasivo finissimo per riottenerne la finitura originale. Le scalfitture più profonde si colmano invece con un apposito adesivo -venduto nei colori dei piani dallo stesso produttore- grazie al quale qualsiasi piccolo danno risulterà assolutamente invisibile.
Le macchie accidentali di sostanze chimiche come sverniciatori, prodotti di pulizia particolarmente aggressivi, prodotti contenenti cloruro di metilene, acidi, smalti per unghie, prodotti a base di acetone ecc… devono essere prontamente eliminate con un’abbondante quantità di acqua e sapone per evitare di danneggiare il piano di lavoro. In particolare per eliminare le macchie di provocato dallo smalto per unghie, occorre usare un prodotto privo di acetone e lavate quindi con abbondante acqua. L’esposizione incontrollata o prolungata ai prodotti chimici danneggia la superficie. Si consiglia di utilizzare sempre un recipiente per raccogliere l’acqua bollente che potrebbe creare danni alla superficie dei lavelli in Corian® o nella zona intorno e di raffreddarla con abbondante acqua corrente fredda. Per la pulizia quotidiana, è opportuno utilizzare un panno umido con una crema abrasiva leggera o un comune detergente ( es. Cif ). In questo caso occorre agire sempre con un movimento circolare, in modo che gli eventuali aloni causati dall’abrasione risultino uniformi. Per eliminare tutti i residui di olio o grasso delle normali preparazioni dei cibi dal lavello si può usare un detergente o una soluzione per superfici solide. Una buona soluzione per i materiali grassi e untuosi, è quella di spruzzare una soluzione composta da 3/4 di candeggina e 1/4 di acqua sul lavello e sul piano, lasciandola agire per qualche ora o durante la notte fino ad un massimo di 16 ore. Per le macchie prodotte da liquidi come: aceto, caffè, tè, succo di limone, coloranti, ketchup, vino rosso o oli vegetali bisogna partire dai metodi più semplici e tradizionali, per poi eventualmente usare in modo progressivo una spugnetta non abrasiva e un detergente o una soluzione per la pulizia delle superfici a base di ammoniaca. Solo in presenza di macchie particolarmente tenaci come polline di giglio o zafferano o di un graffio significativo sarà possibile utilizzare una spugnetta leggermente abrasiva con della candeggina o del detergente in crema.
Volendo generalizzare si può dunque tranquillamente dire che i piani “compatti” in Resina sono forse da considerarsi i piani di lavoro da cucina dotati delle più alte prestazioni funzionali, della più alta qualità intrinseca e gli unici che consentono una manutenzione ed un rinnovo praticamente infinito del materiale anche in caso di danneggiamento. Tutto ciò cozza però con il loro costo -quantificabile intorno ai 900/1200 euro al metro lineare- che li rende ancora poco appetibili per il grande pubblico.
Ed eccoci tornare – dopo aver esaminato numerosi tipi di tipi di piani di tipo “compatto” – ad esaminare un tipo di Top da cucina componibile realizzato tramite il supporto di un pannello in truciolare o MDF, spesso di solito dai 30 ai 60 mm. Con il termine “Top in finitura Cemento, Malta o Ecomalta” si denominano infatti quei piani rivestiti con un tipo di vernice innovativa la quale, grazie ad una meticolosa ricerca tecnologica, è stata formulata allo scopo di realizzare una superficie “tridimensionale” altamente decorativa, che fosse possibile applicare ai normali supporti top in legno e in fibra di legno, nel totale rispetto dell’ambiente. I piani realizzato con questo trattamento sono realizzato applicando in maniera artigianale uno strato di resina idrorepellente di tipo “granuloso” il quale, una volta applicato, si presenta nello stesso modo mosso e variegato in cui fa bella mostra di sé una splendida parete intonacata. Non a caso la malta utilizzata solitamente per rivestire questi piani, proprio come il Marmorino (un tipo antico di intonaco artigianale) è composta da materiali quasi totalmente naturali: impasti composti da inerti finissimi, miscelati con vernici colorate totalmente all’acqua, e resi però nel contempo adatti all’uso “da cucina” grazie alle più recenti tecnologie idrorepellenti. Personalizzabile nei colori e negli effetti decorativi più originali, ignifuga, resistente, flessibile, riciclabile e totalmente priva di sostanze tossiche, la malta cementizia utilizzata a questo scopo è infatti impermeabile, ma allo stesso tempo traspirante alle molecole del vapore, qualità che fa mantenere in tutto il suo spessore la naturale traspirabilità delle imbiancature realizzate “a calce”. Il risultato finale è una superficie continua (spessa da 1 a 3 mm), pratica e facile da pulire, che il suo aspetto caldo, morbido e quasi “vellutato”, rende particolarmente adatto a chi desidera realizzare un piano da cucina originale ed innovativo.
La sua lavorazione prevede addirittura sei differenti applicazioni di finitura, le quali devono necessariamente essere eseguite “a mano” da personale altamente qualificato, al fine ottenere un piano dall’aspetto uniforme e dalle caratteristiche pratiche indiscutibili. Le prime mani vengono applicate utilizzando dapprima un pennello o un rullo, in maniera da stendere uniformemente il prodotto: le ultime vengono invece applicate poi con una spatola metallica, con la quale l’artigiano decora la superficie del piano. Lo scopo è quello di ottenere un prodotto sicuro e resistente, realizzato però attraverso susseguenti lavorazioni che, sovrapponendosi, danno risultati sempre diversi. Il movimento manuale della spatola durante la stesura del prodotto infatti genera – ogni volta in maniera più o meno marcata- delle discontinuità superficiali che creano interessanti variazioni cromatiche tridimensionali che sono, esse stesse, sinonimo di originalità, naturalezza e qualità estetica del prodotto finito.
Le spatolature tipiche di questo tipo di finitura, hanno un sapore lievemente “retrò” che stimolano fortemente la memoria di chi lo vede e suscita per questo in tutti coloro che lo apprezzano per la prima volta un certo stupore. A parte il suo straordinario aspetto però, la malta cementizia deve soprattutto essere resistente per essere usata come piano: una malta che veramente può dirsi “di qualità” è infatti refrattaria allo sporco e alle macchie perché è igienica e impermeabile, è antistatica e non muta il proprio colore nel corso del tempo. Per la sua pulizia può essere utilizzata della semplice acqua calda, miscelata con l’aceto di mele. In alternativa possono essere usati anche i normali detersivi e disinfettanti esistenti in commercio (sempre diluiti in acqua), facendo però attenzione che non siano troppo aggressivi, come quelli alcalini o quelli contenenti alcol o solventi. Di facile manutenzione dunque, specie quando è fatta utilizzando materiale altamente tecnologico, la malta possiede una dote che ben pochi altri materiali utilizzabili per rivestire le cucine possiedono, quella di essere facilmente ripristinabile, anche a distanza di molto tempo. La sua formulazione rende infatti possibile riparare senza grossi problemi qualsiasi piccolo danno possa aver subito un top da cucina trattato con questo prodotto, anche a molti anni di distanza. Qualora, ad esempio, delle gocce di vino rosso, tè o caffè (forse le sostanze con cui è più facile macchiare qualsiasi superficie naturale) fossero state dimenticate sulla sua superficie troppo a lungo (senza cioè che esse siano state prontamente rimosse), è possibile effettuare un piccolo ritocco applicando su di esse con una spatola, un altro sottilissimo strato ulteriore di vernice. Le naturali asperità che il materiale presenta a causa delle successive lavorazioni che subisce, impediranno che questa piccola riparazione appaia successivamente visibile ad occhio nudo.
Una delle soluzioni più ambite e ricercate a proposito di piani da lavoro è da sempre il piano di lavoro in acciaio inox. Si tratta infatti di un tipo di top le cui caratteristiche tecniche permettono di utilizzarlo anche in ambienti “lavorativi”, come sono le cucine dei ristoranti, e questa sua innata dote lo rende appetibile a tutti quegli utenti che desiderano dare un aspetto e una funzionalità un po’ più professionali alla propria cucina componibile. Questo tipo di piano è solitamente composto da un pannello realizzato in particelle di legno idrorepellente o in compensato, che una volta tagliato a misura viene rivestito da una lamiera di acciaio inox di spessore 1 mm dalla durata praticamente eterna. La flessibilità del materiale permette di realizzare piani da cucina con spessori variabili dai 2 ai 10 cm, volendo anche completi di bordo salva-goccia e di “alzatina”, se non anche di veri e propri schienali para-schizzi da innalzare a parete.
Quella dei top da cucina in acciaio inox è una lavorazione che avviene quasi esclusivamente a livello artigianale o semi-industriale, la quale porta solitamente abbastanza in alto il costo di questo piano, inizialmente già aggravato dal prezzo della materia prima scelta. Il piano di lavoro in acciaio è infatti abbastanza difficile da produrre e non consente di essere modificato in fase di installazione, come avviene al contrario per la maggior parte dei top da cucina esistenti in commercio. Uno dei più grandi vantaggi di questo piano è però dato dalla possibilità di saldare direttamente su di esso sia le vasche del lavello, che il relativo piano di cottura, al fine di ottenere una superficie continua che evita tutti quei punti di giunzione capaci di creare infiltrazioni e di trattenere lo sporco. La lamiera sottile infatti permette di essere stampata, oltre che saldata, e questo consente la fabbricazione di superfici uniche che da piane divengono curve (come nel caso del lavello) e viceversa.
Il piano di lavoro in acciaio inox, se ben realizzato e supportato, rappresenta dunque una barriera impenetrabile dall’umidità e dalle infiltrazioni di acqua in una misura che è difficile da riscontrare in qualsiasi altro materiale, sia grazie alla materia prima stessa, che grazie all’assenza di giunture tipica di questo top. La sua resistenza al calore è poi addirittura proverbiale, tanto che si tratta in pratica dell’unico materiale con cui, in cucina, è possibile fabbricare sia i piani da lavoro che i piani di cottura.
L’acciaio inox viene utilizzato per le cucine componibili sia per la realizzazione di interi piani di lavoro che per la realizzazione di “isole funzionali”, comprendenti soltanto il lavello ed il piano di cottura, predisposte per essere inserite all’interno di piani di lavoro da cucina di altri materiali, come il marmo, il quarzo, il laminato o la ceramica. Notoriamente l’acciaio inossidabile è completamente inattaccabile dalle macchie e presenta caratteristiche di assoluta idoneità al trattamento igienico dei generi alimentari, proprietà questa, che però non sempre si accompagna ad una certa facilità di pulizia. Almeno nel senso che si intende di solito parlando di cucine componibili. L’acciaio inox infatti di per sé si pulisce benissimo, durante la sua pulizia però possono essere spesso lasciati degli aloni dovuti ad una particolare proprietà auto-protettiva del materiale, grazie alla quale, dopo ogni lavaggio si forma sulla sua superficie una leggera patina che può apparire poco piacevole da vedersi, ma che serve in realtà a non far ossidare il materiale. Con questo tipo di piano occorre poi avere l’accortezza di evitare l’uso di oggetti appuntiti o prodotti abrasivi che possono rovinare la superficie in quanto l’acciaio, specie nella versione di sottile lamiera che viene utilizzata per fare piani da cucina e lavelli non può avere, per sua stessa natura, una grande resistenza al graffio ed agli urti.
Uno dei difetti dell’acciaio inox, soprattutto di quello con finiture lucide, è infatti la scarsa resistenza ai graffi superficiali. Questo aspetto dei piani di lavoro in acciaio inossidabile che, nelle cucine professionali dei ristoranti non ha nessuna rilevanza, in arredamento è considerato un vero e proprio difetto. Chi acquista una nuova cucina componibile e ci investe magari tanti soldi, non riesce infatti ad accettare che il normale utilizzo dei piani vada a modificare la loro estetica e questo è uno dei motivi che limitano la diffusione di questo tipo di Top.
Il piano lavoro in acciaio inox si presta infatti in particolare ad arredare le cucine moderne dall’aspetto minimalista, che però male si confanno ad avere sulle loro superfici micro-graffi o aloni. Il calcare contenuto nell’acqua, ad esempio, crea delle macchie su questi top, se non vengono asciugati perfettamente e quindi la loro pulizia può risultare particolarmente laboriosa per chi pretende di mantenere i propri piani da cucina sempre in maniera perfetta. Oltre a questo, alcune altre sostanze contenute nell’acqua potabile, come il cloro, se ristagnano sui piani in acciaio possono a lungo andare ossidare la superficie, così come vi possono apparire aloni e macchie se vi sono stati contatti prolungati con numerosi altri tipi di sostanze molto corrosive.
Eppure l’industria produce piani in acciaio in svariate finiture; la più comune è la Scotch Brite, un acciaio satinato “standard” che viene lavorato levigando unidirezionalmente la superficie con degli speciali abrasivi che lo rendono opaco e molto bello esteticamente, ma esistono pure finiture “a specchio” come la Wirbel Steel, che pur essendo esteticamente eccellenti, risultano poco resistenti ad urti e graffi, nonché difficili da mantenere pulite e splendenti.
Concludiamo la nostra rassegna con un tipo di piano davvero poco diffuso ma che merita di essere comunque esaminato in questa sede, perché sempre molto richiesto da una parte di consumatori, specie negli ultimi anni.
Il ritorno in voga di alcuni materiali naturali in edilizia, come la pietra ed il legno, hanno infatti riportato in auge, anche negli arredi, alcune tipologie di superficie che vengono spesso richieste più per il loro aspetto estetico che per la valenza delle proprie caratteristiche tecniche. Nessuno può negare infatti l’estrema bellezza che può arrivare ad avere un bel piano in vero legno, magari inserito nel contesto minimalista di una bella cucina componibile di design. Il problema è la sua scarsissima adattabilità alle problematiche che interessano gli arredi da cucina, specie per quanto riguarda i piani di lavoro. In linea di massima si possono classificare i piani da lavoro in legno in due categorie, quelli impiallacciati e quelli in legno massiccio (anche detti “in massello”). I due piani differiscono di molto perché mentre il primo è formato da un pannello di legno ricomposto (truciolare, compensato, listellare o medium density) il quale viene rivestito con un sottile strato di legno pregiato, il secondo è composto interamente da legno massiccio. I piani in legno impiallacciato vengono in alcuni casi preferiti per il loro costo più basso e per la loro maggiore indeformabilità essendo utilizzabili senza problemi, anche negli spessori più bassi, senza che questi si torcano o creino degli spacchi. Il legno massello invece viene preferito quando si necessita delle sue impareggiabili qualità estetiche e delle sue grandi doti di resistenza meccanica, tipiche del legno specie quando parliamo dei suoi spessori più alti.
Le problematiche che deve saper affrontare chi decide di fornire la propria cucina di un piano in legno sono in realtà ben note. Il legno infatti è un materiale molto poroso, che si danneggia in superficie quando è in contatto con acqua e liquidi e che offre una limitata resistenza ad urti e graffi. In verità nelle sue versioni più recenti, il legno utilizzato come piano di lavoro subisce alcuni trattamenti idrorepellenti che ne limitano i possibili danni da umidità, si tratta però di palliativi che a lungo andare non riescono a risolvere il problema dell’acqua e comunque non sono in grado si irrobustire la sua superficie. Un piano di lavoro in legno in cucina, sia esso impiallacciato o in massello, non può dunque essere utilizzato per contornare il lavello perché gli schizzi di acqua sciuperebbero la sua superficie e non può essere utilizzato intorno al piano di cottura perché si brucerebbe praticamente subito. Qualora però si disponga in cucina di una zona “pranzo” il cui piano non viene utilizzato come piano di lavoro, bensì come bancone per pranzare, si può tranquillamente fare uso del legno ricordando però che quest’ultimo manterrà inalterata la sua delicatezza agli urti e all’umidità.
Abbiamo composto una rassegna molto sintetica dei piani di lavoro da cucina esistenti in commercio suddividendoli a seconda delle loro principali caratteristiche. Lo abbiamo fatto in maniera il più possibile obbiettiva, evitando accuratamente di creare una sorta di “classifica” dei migliori Top da cucina, ma cercando bensì di descrivere opportunamente le peculiarità di ognuno di essi. Il nostro scopo è infatti quello di orientare le opinioni dei nostri clienti e dei nostri lettori, facendo loro comprendere quale può essere il materiale più adatto alle proprie singole esigenze, piuttosto che rispondere alla loro spesso assurda ricerca del miglior top da cucina esistente in assoluto. Ogni materiale ha infatti i suoi pregi ed i suoi difetti ed è soprattutto la consapevolezza esatta di ognuno di essi ad aiutare maggiormente nella scelta. Dopo di che sarà soprattutto un uso cosciente ed informato dei singoli prodotti a rendere davvero soddisfacente quella scelta.
Speriamo che la nostra guida su come scegliere un letto imbottito ti abbia fornito le informazioni necessarie per prendere una decisione consapevole e soddisfacente. Presso Griva Arredamenti, siamo pronti ad aiutarti a realizzare arredamento su misura.
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